1. Salvami
2. Il funambolo
3. Rovi
4.Seth
5. Tornare indietro
6. Castità
7. L'ammazzatoio
8. Malavoglia
9. L'uomo di paglia
Rock italiano, o meglio musica in veste post e rock, che si apre a irradiare dal Veneto un universo, dotato di efficaci testi, che spinge verso l’Europa centrale in direzione UK.
È tragica la mia età: sentieri sbagliati, risvegli mancati senza pietà
Salvami
Di tutte, di tutte le cose che puoi non vedere, puoi non vedere me. Di tutti, di tutti i colori che puoi non capire, puoi non capire me, con te
Funambolo
Sono il buio dietro alle vostre finestre, / sono la rovina… / Tu mi chiedi chi io sia, / cos’è che c’entra la tua vita con la mia. / Mi chiedi: “Cosa vuoi da me? Cerchi guai? / No, non ti ho visto mai… alle nostre feste, alle nostre feste”
L’uomo di paglia
“Grumi” è il secondo lavoro dei Superportua – dopo “Resterai sempre uni” del 2018 – nato da una collaborazione di Dischi Soviet Studio e Shyrec, coprodotto dalla band e da Tommaso Mantelli, polistrumentista, compositore, nonché produttore di lunga esperienza (Sick Tamburo, Il Teatro Degli Orrori, Kill Your Boyfriend).
Il suono è azzeccato e tonante, merito della concertazione ritmica, effluvi alla Cure si palesano caratterizzando un’aria dark che rende dinamico il sound. A tratti ricordano i primi Litfiba, che furono davvero eccezionali con le loro innovazioni stilistiche e l’istrionismo di Piero Pelù. La strumentazione dispone, oltre ai classici strumenti, anche di un violino e dell’effetto incentivante e noise-distorto dei synth, che per esempio affiorano in Rovi, rendendolo pezzo decisamente corposo e maturo, garanzia delle rodate qualità strumentali della band.
E così Seth si inerpica lungo quella via Romea Germanica (congiunzione tra il Mare del Nord e Roma) che i Superportua hanno intrapreso, cominciando a descrivere il loro campo sonico, incline alla declamazione vocale e al clima energico, ammantato da sfondo cupo e intenso. Hit incisiva che alza il livello di coinvolgimento e interesse, ammiccando per vie generali ai CCCP, e creando un pathos nevralgico da provare sicuramente dal vivo, con la tastiera che riecheggia coloriture personali e wave-sixties.
L’azzardo di giocare con la legge naturale / pretendendo di morire continuando a respirare. / Qui qualcuno lancia un grido, speranza per l’umanità. / Cadono le finzioni…
Tornare indietro
Il lirismo sfonda per presa di coscienza e la musica vive di strane influenze raffinate, controbilanciate dai contrappunti degli strumenti di contorno e soprattutto dei cori, davvero essenziali antagonisti e vitalizzanti della voce portante. Il power energetico è comunque un additivo che cozza con gli arpeggi, causando un contrasto d’appeal.
Castità sale in cattedra col suo incedere; reattore di un veicolo spaziale visto al rallenty dei suoi movimenti propulsivi di manovra in rotta verso ammirevoli panorami astrali entro il sistema solare; strumentale che funziona da ottimo intervallo. In L’ammazzatoio si spende la cifra compositiva dei Superportua, i quali inseriscono a sorpresa il violino, in questo caso foriero di misture disparate: si va dall’irish al southern rock, sino a suggellare il tutto con il power post, o non post, rock e “Cadono le facce, nessuno le raccoglie, spariscono le vite, nessuno se ne accorge” avvincendo quasi fossero i Guns N’Roses fusi con i Waterboys d’annata. TOP!
Malavoglia diventa totalmente europeizzante, trainando l’italianità della band in un’area più continentale. Non ci sono mezze misure, uno dei pochi pezzi a giocare con timbri diversi; mescolata song dal mood teatrale, vorticosa nella sua pacata ed equilibrata performance, avvalorata dalle parole, “Non so se quello che io voglio, veramente io lo voglio. Non so se quello che non voglio, veramente io non lo voglio, non lo voglio. Ma so che sogno fuori rotta, contro voglia, io lo voglio, non lo voglio, no”.
Si conclude con L’uomo di paglia, lucentemente dark, tale da far convivere estrosi groove che si compattano in uno stile definito e di spessore, qui molto rock, per cui le avvisaglie di una super progressione di contenuti ascoltata nei brani iniziali, si consolida infine nell’attenzione proficua della produzione alla sviscerata vena artistica rilasciata dai 5 di Treviso. Band assolutamente da tenere d’occhio.
“Grumi” – dice la band – sono i ricordi che con il passare degli anni acquisiscono un’insistenza e un peso che l’allora vissuto presente non aveva. La luce dei lontani pomeriggi estivi si solidifica, le azioni si cristallizzano, i volti si velano e le parole si perdono. Rimane un mistero senza tempo e la paura di quello che abbiamo dimenticato”. Si affrontano tematiche nietzschiane: uccidere Dio. La soppressione delle finzioni spalanca il vuoto, aprendo un abisso che si deve attraversare. “Grumi” è l’attesa del vento che spinge le anime”.
“Sono la calma e l’angoscia prima degli uragani”. Un verso auspicante e in linea con questa band dalle ampie prospettive e dalle preziose mediazioni sonore.