1. Secret Passage
2. The Days Don't End
3. Too Long At The Fair
4. Who Is Who
5. Memento
6. Marathon
7. No Place That Doesn't See You
8. Foreword
9. Belle Époque
10. Just Our Imagination
In un continuo susseguirsi di band esordienti da tenere d’occhio e nomi storici pronti a farsi valere, l’ultimo lustro è stato senza ombra di dubbio segnato da un autentico rilancio dell’hardcore punk.
Anche in questa seconda metà del 2023 non accenna a fermarsi l’ondata di uscite destinate a farsi spazio nei cuori degli amanti del genere, e rientra a pieno titolo in questa categoria anche il secondo album dei canadesi Mil-Spec. Direttamente da Toronto, la band si ripresenta sulle scene dopo tre anni dal full length di esordio “World House”, rilasciato sempre da Lockin’ Out Records in piena epoca pandemica dopo una serie di singoli e l’EP del 2018 “Changes”. Un nome quello della band dell’Ontario (ingiustamente) poco noto fino a ora, ma senza dubbio meritevole di essere annoverato tra gli alfieri di un approccio fresco e ispirato al melodic hardcore, sulla scia di altri gruppi ormai apprezzati come i britannici High Vis.
Ed è tra chitarre riverberate, suggestioni più atmosferiche di matrice shoegaze e ampio spazio per la melodia che si collocano le tracce di questa fatica discografica. Il concetto è chiaro a partire dall’apertura affidata a Secret Passage: riffing di chitarre sferzante e batterie che incedono veloci, unite a un cantato sofferto e accorato. La sensazione (piacevolissima) è quella di trovarsi di fronte a una versione aggiornata di sonorità hardcore degli anni Novanta, nel segno di nomi contemporanei come Speedway o Method of Doubt, giusto per citare qualche realtà dell’underground US ed europeo sulla stessa falsariga. Ma ciò che più sorprende è la forte personalità di ogni pezzo, il connubio sapientemente riuscito tra hc di ieri e di oggi, capace di evadere da un tracciato canonico per mescolarsi maggiormente con l’alternative, il punk rock e perché no, passaggi più elettronici come nell’interlude Belle Époque.
La title track è forse l’esempio più fulgido di tutto questo, con arrangiamento dove gli arpeggi di chitarra dell’intro aprono la via a un flusso di pensieri gridati a pieni polmoni dal vocalist Andrew Peden: una riflessione senza filtri sulla realtà quando questa sembra perdere ogni forma di poesia, e la fantasia cede il posto a un cinico distacco di fronte alle cose non vanno come vorremmo. Le distanze, gli addii, i dolori e le incomprensioni: dalle pieghe di questo album emerge a ogni traccia una forza catartica per far fronte a tutto questo, continuando ad accogliere le sfide della vita.
E in fondo non è questa la missione primigenia di un genere come l’hardcore? Spontaneità messa in musica, onestà emotiva e desiderio di comunicare nel modo più diretto possibile: tutti scopi raggiunti a dovere in questo “Marathon”. Una delle migliori uscite del genere del 2023, assolutamente da recuperare per chi ancora non lo avesse fatto.