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Sherpa – Land of Corals

2023 - Subsound Records
post rock / shoegaze

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Tracklist

1. Silt
2. High Walls
3. Priest Of Corals
4. Arousal
5. Coward / Pilgrimage to the Sun
6. Path / Mud / Barn


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Vado subito al mio giudizio complessivo del disco di cui parliamo in questa recensione: l’ultimo disco degli Sherpa, intitolato “Land of Corals”, è uno di quei lavori che partono da ottime premesse e sono in grado di offrire anche musica interessante a chi lo ascolta. 

Però c’è qualcosa che non proprio torna…È come se le tracce che lo compongono, pur seguendo un fil rouge e presentando alcuni elementi ricorrenti, proprio non si incastrassero tra di loro. Andiamo con ordine.

Sherpa è il progetto musicale di Matteo Dossena (chitarra, voce, songwriting) e Franz Cardone (basso, sintetizzatori). Fondato nel 2015, il progetto ha già all’attivo due album, “Tanzlinde” (2016) e “Tigris & Euphrates” (2018), usciti entrambi per Sulatron Records, e “Live at Roadburn” (2021), registrato dal vivo durante l’edizione del 2019 al Roadburn Festival (Tilburg, Paesi Bassi). Oltre a questi album, il duo vanta una collaborazione con Cristina Donà nel remake di “Tregua”, all’interno della riedizione del 2017 dell’omonimo album di debutto della cantante milanese. Il sound degli Sherpa è difficile da incasellare in una qualsiasi etichetta. Nell’album di esordio “Tanzlinde” è la musica della band presenta una forte vena post-rock, dream pop e shoegaze che, nel successivo “Tigris & Euphrates”, prende una piega più psichedelica, incorporando elementi stoner rock e doom metal.

“Land of Corals”, che segna il passaggio del duo a Subsound Records, porta avanti il percorso intrapreso dalla band. Quello che il duo ha presentato nelle altre pubblicazioni non viene rinnegato, ma viene arricchito da un’elettronica molto dark. Gli Sherpa hanno sicuramente il merito di aver esplorato sonorità decisamente interessanti, tentando di evocare una natura viva e multiforme, fatta di terra e fango, di coralli e minerali, di vita e di morte. Lo hanno fatto cercando di far dialogare sonorità ed elementi musicali molto diversi tra di loro, dimostrando di possedere talento e creatività. Le canzoni in sé sono molto belle e offrono melodie e atmosfere molto interessanti – per fare giusto qualche esempio: High Walls, brano psichedelico che ricorda molto Tomorrow Never Knows dei Beatles; o Coward/Pilgrimage to the Sun, un cammino nel deserto che parte da un’elettronica pesante e tenebrosa per poi proseguire verso uno stoner/doom ipnotico; o, ancora, la conclusiva Path/Mud/Barn, più vicina al dream pop.

Qui, però, arriva la nota dolente. Proprio l’eterogeneità e la ricerca di sperimentazione riscontrabili in “Land of Corals” non sono compensate da un tentativo efficace di proporre una sintesi unitaria all’intero disco. Sicuramente sono tanti gli elementi ricorrenti – lo stile vocale tipicamente shoegaze, i riverberi, i drone, i sintetizzatori, il concept “naturalistico” ecc. – che, però, vengono spesso ad alternarsi e unirsi in maniera poco omogenea tra di loro. Se le canzoni, prese singolarmente, sono senza dubbio valide, il lavoro nel suo complesso – secondo il modesto parere di chi scrive – non è quello che un buon album dovrebbe essere: un insieme unitario e omogeneo.

Rimango, in ogni caso, dell’idea che gli Sherpa siano un progetto musicale valido e sono fiducioso che saranno in grado, in futuro, di far dialogare in maniera più efficace le diverse anime che compongono la loro musica. Consiglio comunque l’ascolto di “Land of Corals” e, in misura ancora maggiore, di “Tanzlinde” e “Tigris & Euphrates”, secondo me riusciti molto meglio rispetto all’ultimo album.

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