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The Drums – Jonny

2023 - ANTI-
indie pop

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Tracklist

1. I Want It All
2. Isolette
3. I’m Still Scared
4. Better
5. Harms
6. Little Jonny
7. Plastic Envelope
8. Protect Him Always
9. Be Gentle
10. Dying
11. Green Grass
12. Obvious
13. The Flowers
14. Teach My Body
15. Pool God
16. I Used To Want To Die


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Jonny” è un disco che aspettavo da tanto, ma che al termine dell’ascolto mi ha lasciato un sapore strano. Suona bene, ha una scrittura discreta, è ben confezionato. Eppure, per quanto ci abbia provato, mi riesce difficile entrarci in sintonia. Forse perché, dal nome dell’album all’artwork che lo accompagna, “Jonny” è un disco fatto, prima di tutto, per il suo omonimo, Jonathan “Jonny” Pierce, l’unico membro fondatore rimasto dei The Drums.

Più che marcare i quindici anni di carriera della band di New York, questo lavoro sembra essere la conferma dei timori che nutrivo già da tempo: “Jonny” suona come la saturazione dell’esperienza The Drums e l’inizio della carriera solistica di Pierce. Non a caso, il giudizio cambia parecchio a seconda della prospettiva che scegliamo di utilizzare: se pensiamo a questo album come al sesto della discografia dei The Drums, non possiamo che inquadrarlo negativamente e lamentarne la pigrizia; se invece decidiamo di prenderlo come il primo di Jonathan Pierce, ne dobbiamo elogiare il coraggio.

Già, perché ci vuole fegato per raccontarsi al mondo in maniera così cruda. Il disco, infatti, si configura come un intenso racconto autobiografico sviluppato in sedici brani. Fin dalla copertina, Pierce si mette a nudo e ripercorre il dolore di essere cresciuto come figlio gay di genitori predicatori pentecostali, e di come i traumi d’infanzia si siano protratti fino all’età adulta. Non posso che nutrire profonda ammirazione per questo tentativo di catarsi in musica. Tuttavia, a mio avviso, nessuna delle canzoni ha uno storytelling così forte da suscitare empatia nell’ascoltatore.

Dal punto di vista musicale, invece, l’album suona come l’ennesima emulazione di modelli tratti dalla quaternità The Smiths/The Cure/Joy Division/New Order, a cui anche io sono devoto e devo molto. Credo, però, che sia giunto il momento di ripensarne l’eredità e di trasformarla in qualcosa di nuovo, di vitale. “Jonny” non si pone minimamente questo obiettivo, anzi gioca molto sui richiami agli idoli di sempre, tra evoluzioni vocali à-la-Morrissey, chitarre figlie di Marr e Smith, bassi che strizzano l’occhio a Rourke e ritmi ispirati a quelli di Morris. D’altro canto, ho apprezzato l’anima anni ’60 di Be Gentle (gusto Beach Boys) e l’incursione vocale di Rico Nasty in Dying, due momenti che alle mie orecchie sono suonati come gli unici davvero originali.

In sintesi, “Jonny” è un disco estremamente autoreferenziale, a tratti ambiguo. Si sente che c’è un’anima, vorresti condividerne gioie e dolori, eppure hai la sensazione di essere d’ostacolo al perfetto equilibrio di un riccio chiuso a palla. Senza dubbio, la maggior parte dei fan della suddetta quaterna accoglierà di buon grado questo lavoro. Io, purtroppo, ne resto amareggiato, e spero che i The Drums – ormai Jonathan Pierce – possano reinventarsi.

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