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Akersborg – Feelantropicoco

2023 - Vinter Records
avantgarde hardcore punk

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Tracklist

1. Breaking Out of the Odissey

2. Never Ever Nothing

3. Et Jävla Liv Vi Lever

4. She's Such a Burden

5. Break

6. Pit Reflection

7. 2100

8. Alarmen Gar

9. Dags Marina


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Oslo è, per qualche motivo che ancora non so spiegarmi, la Terra Promessa. Forse non in generale (o anche sì, mi dice chi ci vive) ma di certo per tutta la musica allucinante che espelle da ormai una trentina d’anni a questa parte.

Proprio dalla capitale norvegese arrivano gli Akersborg ma del gelo naturale di quel Paese non si portano dietro nulla. Formazione nuova di zecca (a.D. 2022) e forte di cavalli di razza come Simen Følstad Nilsen e Tobias Ørnes Andersen, aka gli spaziali Aimin For Enrike (visti dal vivo qualche anno fa di spalla ai Jaga Jazzist e lasciato giù fior di quattrini al banchetto per l’intera discografia so far), che il leader Dag von Krogh chiama a sé assieme a Jacob Jones e Torgeier Beyer per chiudere il cerchio e dare vita a una band hardcore, di quello nuovo, pulsante, il “new noise” a tempo debito così battezzato dai Refused e rimasto una chimera ma che negli ultimi anni ha (ri)cominciato a respirare a pieni polmoni grazie, tra gli altri, Soul Glo, Zulu e Show Me The Body. Ora “tra gli altri” ci sono anche questi 5 norvegesi assolutamente fuori di testa.

Non si capisce bene quale sia veramente il punto di partenza da cui, allo sparo dello starter, gli Akersborg hanno iniziato a correre a gambe ben più che levate, di certo c’è solo il punto di arrivo. Si passa attraverso qualsiasi tipo di follia possibile. Si può fare un tentativo, seppur sommario, di eviscerare i brani di questo gigantesco disco di debutto ma la fatica sarebbe comunque parecchia. She’s Such a Burden parte cowpunk (serio?) con Agnete Kjolsrud degli Animal Alpha a far schioccare la lingua come una frusta, poi, non si sa davvero bene come, parte una cavalcata cosmica kraut rock che si sfascia e ricompone a fasi alterne. Come? Sì. Ok. L’assurdo spoken che lancia Pit Reflections su tappeto core che, schiudendosi, dà vita prima ad accelerazioni black e poi di nuovo in impervia salita tra synth implosivi e botte elettriche contundenti. Le accelerazioni black non sono finite qui perché diventano imperanti in Dags Marina pur accoppiate a sound subacquei (letteralmente) e aperture electro-pop anni ’80 accompagnate da linee vocali degne dei connazionali A-Ah. Come? Sì. Ok.

Ma il core? L’ardecore? L’opener Breaking Out the Odissey è proprio quello di cui parlavo prima, ossia hardcore di matrice futuristica che, impazzito, finisce col trasformarsi in qualcosa di completamente diverso, e se ascoltandola vi verranno in mente i primissimi Mr. Bungle, tranquilli, è del tutto normale. Saranno le tastiere, i break groovy che pompano pop a tutto spiano dandosi poi arie d’avanguardia totale. Le sontuosa Alarmen Gar e Never Ever Nothing riescono a spingere in questo tubo insensato pure qualche bella spazzata emo sotto forma di refrain melodiosi e strappamutande, di quelli che al sottoscritto fanno partire per altri pianeti.

Quindi quando un vostro amico non proprio giovane vi dirà che oggi non esce più musica bella, di rottura e interessante dategli uno schiaffone ben assestato, prendetegli la testa e premetegliela contro le casse mentre suonate “Feelantropicoco” a un volume criminale. Vi ringrazierà oppure non sarà più vostro amico, in ogni caso avrete vinto.

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