“Young, Loud and Snotty” sputava nichilismo e volgarità, bruciava di vizio e perdizione e imbottigliava l’ansia e la paranoia di una generazione che sfidava l’inferno.
“Blank Generation” era un bruciante manifesto di un’epoca e di una generazione disorientata alla disperata ricerca di qualcosa con cui riempire il vuoto del titolo.
In “Bone Machine” c’era un’aria da disastro imminente, da fine di tutte le cose, e il grugnito della voce di Tom Waits evocava gli spiriti dei vecchi bluesmen per far loro suonare le trombe del giudizio universale.
Gli Strokes avevano l’arroganza, lo stile e le migliori canzoni del 2001: niente che non avessimo già ascoltato un milione di volte, ma “Is This It” pulsava di una vitalità che ridava al rock il suo destino di musica giovane e ribelle.
“My Aim Is True” era cinico e insolente, ed Elvis Costello si crogiolava nell’ambizione di essere il rocker più irritante del reame.
Rassicurante e maledetta insieme, la popular music di Johnny Cash faceva categoria a se: s’alimentava di solidarietà, rabbia, lividi, tormenti e desideri di vendetta.