Più di ogni cosa, il disco è meraviglioso perché puro, grezzo, dotato di quell’ingenuità che inevitabilmente diminuirà all’aumentare delle vendite
“Ball-Hog Or Tugboat?” è un album che forse all’epoca sembrò più stravagante di quanto appaia moderno oggi
“War” era il disco del superamento dell’idealismo adolescenziale in favore di suoni e parole capaci di assorbire gli umori del tempo. Gli U2 erano diventati grandi, e lo sarebbero stati ancora di più in seguito.
Gli Immortal, capitanati da Abbath, sembrano voler dar più spazio a linee melodiche inedite; ma che non si parli di tradimento della vecchia scuola norvegese, perché nonostante le novità, la band mantiene vivida la propria solidità artistica, senza fare passi indietro
“The End Of Silence” è sì la fine del silenzio, ma allo stesso tempo è rumore che divampa, prorompe sulla scena e ci mette davanti a quello che potremmo fare: cambiare, accettarci oppure soccombere.
“Call to Arms” rappresentò il mio modo di difendermi dalla violenza che mi aveva trasmesso l’old school hardcore durante gli anni. Mi fece capire come anche quel genere potesse essere soggetto a cambiamenti, senza presentarsi come “-post qualcosa” di vagamente alternativo.
L’ascolto di “Oversteps” rappresenta un percorso in salita che si dipana in numerose pause, forse troppe, e in cui la mistica dell’ascolto rilassa ma lascia la sensazione di un luogo non completamente raggiunto.
Il primo disco degli Emperor è una tempesta emotiva come mai si era sentito prima d’ora, un turbinio perfettamente bilanciato tra intransigenza ed eleganza che è capace di dipingere paesaggi lontani e affascinanti con una efficacia rara
“The Smiths” non fu l’album migliore di Morrissey e soci, ma per un paio di generazioni fu più di un disco. Molto, molto di più.
Non si può separare “Maxinquaye” dalla sua storia; di più “Maxinquaye” è la storia dei suoi effetti su una generazione, quella degli anni Novanta, che è ancora alla ricerca della propria infelicità, lì proprio dietro l’angolo.
“Transilvanian Hunger” non è il disco storicamente più importante dei Darkthrone ma il figlio ultimo di una evoluzione alla rovescia che porterà questo processo di demolizione di ogni stilema sonoro, visivo e concettuale ad elevarsi a forma d’arte
Quando ancora non sai quel che c’è stato e quel che avverrò, “El Topo Grand Hotel” è lì, incastrato nel tempo, né alternativo, né mainstream, un trip astrale che gronda rock, tutto il rock possibile, quello che difficilmente sentiremo ancora.
Un album maledetto. Un album maledettamente bello. Un album marcissimo, un pozzo di inquietudine fatta e finita, che però non finisce appeso al muro di una stanza in bella vista, no, si mette alla guida di un camion della spazzatura e ti rincorre finché le gambe non cedono
“Today’s Empires, Tomorrow’s Ashes” venne pubblicato all’inizio dell’anno in cui tutta la rabbia confluì nelle strade, nelle piazze, nelle manifestazioni e nei concerti. Per i Propagandhi fu il modo per dirci “siamo con voi, lottiamo al vostro fianco, non sentitevi mai soli”
Così sono passati vent’anni da quando il nuovo Frusciante si è mostrato al mondo, registrando solo acqua per dieci giorni, e l’acqua, si sa, è necessaria per la vita, lava via tutto, anche solo qualche goccia può salvarti
“Frances The Mute” è il lato oscuro di “De-Loused In The Comatorium”, si porta dietro il terrore della lontananza, lo riempie di tutto ciò che trova, muri di televisioni che sparano Bowie e Kurosawa a ripetizione, oscurità latente che diventa fusione a freddo, in volute atomiche su un cielo che guarda ad un mondo che va via via prendendo distanze con la realtà
Una lettera d’amore, pesante e dura come l’acciaio su cui è incisa a raggi laser sparati da enormi robot alieni
“Morrison Hotel” era un road trip che finiva dalle parti di Laurel Canyon, in una locanda dove servivano la birra migliore della città e un vecchio jukebox mandava il blues di un angelo bello e dannato che aveva sfidato gli dèi.
La grandezza dei Television e del loro primo disco “Marquee Moon” risiede in un elemento semplice, ma concesso a pochi eletti, cioè quello di aver visto oltre un genere appena nato
“Troublegum” è stato uno dei lampi più luminosi degli anni novanta, una nitida fotografia dello stato dell’arte della musica alternativa rock indipendente negli anni del grunge. Luminoso e fatuo, ancora oggi ci lascia abbacinati, con la voglia di riascoltarlo per capire in quale equivoco fossimo capitati: eravamo realmente cattivi o stavamo solo giocando?