I Die Krupps non suonano come una band, sono una fabbrica in azione che attrae l’ascoltatore che una volta catturato non potrà decidere di finire il proprio turno di lavoro finché le macchine non avranno smesso di muoversi.
I Bauhaus sono stati considerati i padri del genere gotico, capaci di rendere intellettuale, sensuale e architettonico un tipo di musica che, senza la loro influenza, avrebbe potuto perdersi nel tempo a livello tematico.
Il synth-pop coniato da Matt Johnson può essere considerato un passaggio necessario per l’evoluzione verso il britpop negli anni ’90: apparentemente c’è poco, se non nulla nel sound di Suede, Oasis e Blur che possa ricordarci i The The, ma fare dei parallelismi diretti è un po’ come guardare uno scoiattolo e avere la pretesa di capire come l’evoluzione ci abbia portati all’essere umano.
Non si può che rimanere meravigliati dalla bellezza sublime di questa opera unica e innovativa. Una bellezza che, come la ginestra sulla pietra lavica, si innalza sulle storture del nostro presente e sulle macerie che ci attendono.
In questo album niente è veramente serio, allo stesso modo in cui nulla è sicuramente stupido.
Rammarico, accusa, dolorosi ricordi e volontà di catarsi si insinuano tra le pieghe dei testi ed emergono a più riprese: le dieci tracce vorrebbero essere una sorta di diario intimo in cui Sean mette a nudo la propria anima.
“Is This Desire?” è un grande disco di blues moderno. Allo stesso tempo, è un’opera di grande originalità espressiva e sonora che si staglia un po’ come un corpo unico e originale all’interno non solo della discografia di PJ Harvey, ma di tutta la storia del rock.
I Cocteau Twins ci ricordano che possiamo ancora provare empatia verso noi stessi e verso il prossimo con uno degli album più belli ed emozionanti degli anni Novanta.
Un immaginario che alterna in maniera magistrale le atmosfere e le melodie che vanno a mirare all’inconscio e alla realtà dei sogni. Un lavoro mastodontico che racconta una storia mastodontica
“Vespertine” è uno dei dischi che meglio rappresentano la produzione di un’artista che ha sempre cercato di conciliare la canzone pop con numerose sperimentazioni musicali, in una maniera – duole dirlo – molto più efficace rispetto a diversi tentativi compiuti negli anni più recenti.
“A Rush of Blood to the Head” è un disco che distilla emozioni. Una costante e camaleontica metamorfosi di colore per adattarsi al singolo ascoltatore. Un disco da riascoltare, ad anni di distanza, per apprezzarne ancora sonorità e versi. E scoprire poi che un po’ si incolla alle dita. Agli occhi. Al cuore.
Nonostante band come A Perfect Circle e Paramore avessero portato cover come ‘The Nurse Who Loved Me’ e ‘Another Space Song’, ci penserà successivamente l’avvenimento di Internet a dare una nuova luce ai Failure, facendo recuperare “Fantastic Planet” alle masse, proiettandolo addirittura come terzo miglior album uscito negli anni ’90 definendolo un cult da riscoprire
Ciò che ha sempre contraddistinto gli Agalloch da altre band della scena sta proprio in questo: entrare nell’immaginario collettivo delicatamente, quasi in punta di piedi, lasciando però un segno ben evidente del proprio passaggio
Un carro armato. Una valanga che faceva più casino dei temporali in pianura, pronti a cessare le ostilità dopo uno sfogo di pochi minuti. Diciassette canzoni per altrettanti strappi ed altrettanti modi per descrivere sofferenza, apatia e necessità di ricominciare. Una battaglia sino all’ultimo respiro contro parassiti, ignoranza e volgarità.
“The Artist in the Ambulance” proiettò i Thrice nel mondo del rock alternativo da classifica, il tutto senza snaturare o dimenticare l’anima post-hc che li contraddistingue ancora oggi.
Pennellate pop su tele grunge. “Dirty” è un album ancora capace, dopo oltre trent’anni, di accompagnare l’ascoltatore in un viaggio onirico e psichedelico tra i portali del tempo. Un disco emotivo ed espressivo, destinato a non invecchiare mai.
Se dovessi descrivervi con una parola questo album, come per tutti gli altri dei Melvins oserei dire “disadattato”
“Saucerful” è l’embrione dei nuovi Pink Floyd, il primo passo verso la leggenda conosciuta in tutto il mondo
L’elemento cardine di “Gold Against The Soul” è la personalizzazione dei testi, una caratteristica peculiare di Bradfield e soci, che li rende efficaci come una band punk e al tempo stesso romantici come quattro songwriters. È questo romanticismo che ce li fa amare da 30 anni, ininterrottamente.
La musica deve ergersi, e quella del secondo album dei Deafheaven è un gigante che scintilla e sbuca dalla nebbia, prende il cuore e lo divora ma non lo macella, lo rinnova trasformandolo