Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“With Teeth”, la luce oltre il baratro

C’era solo il bisogno di fare fuori il passato, di lavorare per sottrazione. Sapete cosa? È decisamente questo il punto chiave: togliere al passato, fare legna per bruciare il futuro, in un unico immenso falò mostruoso che poteva terminare sulla cima di un picco di unicità, in qualche modo inevitabilmente fallite.

“10.000 Days”: lo splendido colore “sbagliato” nel quadro perfetto dei Tool

È quel disco che pare un colpo di coda e abbiamo tutti temuto fosse il loro lascito, il capitolo diverso, il colore sbagliato nel quadro perfetto che è stato la loro discografia. Forse è proprio così, o forse no, mentre scrivo questa robaccia ancora non ne ho la benché minima idea.

“The Winding Sheet”, i detriti delle tenebre di Mark Lanegan

La solitudine, elemento che si respira dalla prima all’ultima traccia, l’isolamento, l’esilio autoimposto, il bisogno di separarsi e ritrovare la sua identità di emarginato. Non vi è nessun cambiamento in lui, semplicemente se ne va con i suoi vestiti di sempre per starsene da solo.

Back In Time: ISIS – Wavering Radiant (2009)

Un biglietto d’addio lasciato in una casa in perfetto ordine, una casa piena di ricordi e lacrime, di rabbia con cui abbiamo tappezzato le pareti. Lasciamola così com’è, lasciamo fuori la testa e non pensiamoci più. È andata così, perché è così che doveva andare.

“Infest”, la rabbia acerba e incontrollabile dei Papa Roach

Con “Infest” i Papa Roach, per la prima e unica volta nella loro carriera, mostrarono di avere le carte in regola per essere qualcosa in più che dei semplici mestieranti del mainstream rock più furbetto e plasticoso. Peccato non abbiano creduto abbastanza nei loro mezzi, diventando esattamente l’opposto di ciò che erano all’uscita di questo album.

“Digimortal”, non si possono uccidere le macchine

Un flop commerciale che, neanche un anno dopo la sua pubblicazione, finì per essere addirittura letale per i Fear Factory. Ma è impossibile uccidere definitivamente le macchine. La fabbrica della paura sarebbe presto tornata in funzione, seppur priva di uno dei suoi ingranaggi fondamentali: il riffmaster Dino Cazares.

“Damnation”, in sospensione eterna nel purgatorio degli Opeth

“Damnation” era un purgatorio, un luogo d’attesa e sospensione eterna, sin dalla copertina, che mischiava sotto e sovraesposizione in un bianco e nero impresso su una pellicola sviluppata nel liquore dell’amarezza senza fine.

“Pork Soda” dei Primus compie 30 anni, quando essere strani è una forma d’arte

“Pork Soda” è il disco che sdoganò l’essere particolari, unici e strani e diede una forte dose di autostima a tanta gente che ne aveva bisogno. Agli adolescenti che non capivano, non condividevano il mondo che li circondava, i Primus regalarono un rifugio, uno specchio in cui riconoscersi.

“Illmatic”, la poesia di Nas in un esordio monumentale

Nas Illmatic

Tutti i rapper, chi più chi meno, ritengono di fare poesia. La differenza sostanziale tra Nas e centinaia di altri nomi è che almeno per quanto concerne il suo disco d’esordio, la cosa è da intendersi in senso letterale.

“Doolittle”: se l’uomo è cinque e il diavolo è sei, i Pixies sono sette

Si pensi al cinema surrealista di Luis Buñuel e Salvador Dalì menzionato in “Debaser” a confronto delle grandi produzioni hollywoodiane. Quel brivido? È lo stesso che genera l’oggi poco più che trentenne “Doolittle”. Un documento prezioso, quasi religioso, emblematico di creatività ed onestà intellettuale.

“Beneath The Remains”, il futuro primitivo dei Sepultura

Oltre a rappresentare la definitiva maturità espressiva dei giovani di Belo Horizonte, “Beneath the Remains” è un’istantanea pressoché perfetta del periodo di transizione tra il thrash metal e il death metal.

“Mutter”, la grottesca pietra angolare dell’universo dei Rammstein

In “Mutter” è racchiuso tutto ciò che i Rammstein rappresentano: una band che ha creato un connubio portentoso di industrial metal scolpito dallo stridente idioma tedesco, che crea un impatto grottescamente incisivo ed inquietante.

“Bad Moon Rising”, la luna che illumina le paure degli americani

Con una stesura da concept album, in “Bad Moon Rising” la Verità è il punto fermo, distante e attento, disperato e spietato.

“King for a Day…Fool For A Lifetime”, urlare per rompere gli schemi

La copertina era una delle più belle che avessi mai visto: kafkiana e perturbante, il punto di vista di un uomo a terra, o forse sdraiato sui sedili della metropolitana e svegliato di soprassalto dall’abbaiare di un cane poliziotto. Da qui il terrore, il sentirsi schiacciati, oppressi dalle regole, scappare via con la coda tra le gambe.

“Frogstomp”, il sole del grunge sorto altrove

Avere tra le mani “Frogstomp” fu qualcosa di così bello per essere vero che molti, davvero troppi, non vi credettero abbastanza.

“Down II: A Bustle In Your Hedgerow”: il canto degli spettri del Mississipi

“II” è un album che soffre e trasuda oscenità, il sangue come liquame nero, ispirato da tutto ciò che di negativo può esserci sul tragitto dalla culla alla tomba e serve a liberarsi dal fardello che ci opprime mentre ci muoviamo verso il momento inevitabile.

“Wisconsin Death Trip”, un incubo che crepita sulle strade del nulla

Un trip su cui si abbattono piogge torrenziali di chitarre mutanti e sintetizzatori gelidi che ammaccano l’auto, accompagnate da ritmiche disumanizzate e precise al millimetro su cui svetta l’ugola di Wayne, bestiale transumanza di anime dannate attraverso le corde vocali, prese dal recesso più fetido delle slum di una città cibernetizzata incastrata tra lo Stige e l’Inferno più nero.

“The Ideal Crash”, lo specchio di una dimensione passata

dEUS

“The Ideal Crash” è il disco che racconta un epoca. Un album dalla qualità dei pezzi altissima, quello che meglio rispecchia la dimensione della fine degli anni 90, almeno in Europa. Un album che potevi ascoltare in casa, dal vivo, in un club, era sempre adatto, era una musica che ti accompagnava sempre.

“Tago Mago”, un Giano bifronte arrivato dal cosmo

A distanza di quasi cinquant’anni dalla sua uscita, continua ad esercitare un fascino magnetico e malsano, come un rituale che si ripete da generazioni e che non smette di incantare.

“Locust Abortion Technician”, come una piaga in arrivo dal Texas

Un coacervo insensato di stilemi sconclusionati atrocemente compressi in un’unica soluzione, e il fatto che funzioni è già di per sé un miracolo senza pari.