Impatto Sonoro
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Back In Time

“Adrenaline”: sfondare la porta del nu-metal

Ai Deftones delle delimitazioni di genere già allora fregava poco e niente e la leggiadra pesantezza di “Adrenaline” ne fu esempio chiave di un’intera carriera.

“Kid A” nei gelidi pomeriggi dell’anima

Il tempo passa, le band stingono, le fanbase irritano ma dischi come “Kid A” rimangono, ora e sempre, scolpiti indelebilmente nell’etere. L’anima qui non è pervenuta.

“Four Minute Mile”: un tempo per crescere, un tempo per ricordare

I Get Up Kids di “Four Minute Mile” diventano quindi i classici ragazzi con un po’ più di esperienza di te, che passano oltre al tuo essere metallaro o ascoltare hardcore. Sono capaci di criticarti perché ascolti gli Strife e gli All Out War ma ti danno tempo per crescere, secondo la loro opinione.

“Dirt”: anche gli dèi possono sanguinare

Ma in fondo “Dirt” è “solo” un disco heavy, misantropico, oscuro e alienante, a chi cazzo frega di definirlo grunge in fin dei conti?

“Nevermind”, la rivoluzione immortale dei Nirvana

Nevermind

Tutto il mondo sommerso che veniva cantato per metafore, significati nascosti e simbolismi negli anni ’80, in “Nevermind” prende forma e parola venendo scagliato contro l’ipocrisia benpensante posta a salvaguardia delle apparenze e di una decenza fatta di forme, ma non di sostanza.

“Blood Sugar Sex Magik”: nella folle dimora dei monaci del funk

Forse perché troppo preso dall’entusiasmo dovuto al raggiungimento dell’apice della propria summa stilistica il quartetto commise un errore: diciassette brani con così poche variazioni sul tema, rischiano di essere troppi per non annoiare. Ciò non impedì ai RHCP di compiere il cruciale passaggio da realtà di culto a una delle più famose rock band del pianeta.

“Houdini”: i Melvins immersi in una vasca piena di fango

“Houdini” è quel lamento subacqueo, un canto di acque sozze, lugubri e deliranti, di sgomento divertente tra baracche white trash e scatologia psichedelica.

Back In Time: COMEBACK KID – Symptoms + Cures (2010)

Comeback Kid

“Symptoms + Cures” è un capolavoro che entra sottopelle, capace di agire come un numero nove nell’area di rigore della musica moderna.

“Paranoid”, il requiem di un mondo sull’orlo della fine

“Paranoid” non è altro che un lugubre manifesto politico, un tardivo requiem per lo spirito di una Summer of Love già da un pezzo sul viale del tramonto.

“Oceanic”: un mare di luce pronto a sommergere tutto

“Oceanic” scorre come un fiume in piena travolgendo tutto al suo passaggio, inondando le case e le strade, sommergendo i prati e i campi coltivati. Si perde il senso di un brano che inizia o che finisce, il fluire è talmente omogeneo e piacevole che la mente non può far altro che abbandonarsi alle onde sonore dell’oceano di suono creato dagli ISIS e fluttuare dolcemente sulla superficie increspata dal vento.

“Thirteenth Step”: scomparire nella nebbia

Per poter apprezzare questo lavoro non serve necessariamente condividere un certo mood, essere tristi, cinici o pessimisti. Bisogna solo imparare a digerire un messaggio che rappresenta una sorta di liberazione dalla rabbia e dalle delusioni.

“Mechanical Animals”, lo spazio bianco e vuoto delle anime perdute

Mechanical Animals

La musica contenuta nell’opera di mezzo del trittico boschiano del mostro esplora le lande desolate dell’animo degli esseri umani di fine millennio, confusi e perduti tra distrazioni/distruzioni di massa amplificate da televisione e dalla nascente rete in un cumulo cyberpunk di lì a divenire sostrato della vita di ogni giorno.

“Cure For Pain”: la lucidità che risveglia i mostri

Cure For Pain

Ma sappiamo bene e in anticipo che non esiste, una cura contro il dolore, se non ascoltare questo disco con il cuore in mano e l’anima in fiamme, in un silenzio che turba e che commuove, assuefatti ai vapori di una droga che non sconvolge, ma calma, acquieta e sussurra.

“Relationship Of Command”: questa stazione sarà sempre operativa

“Relationship Of Command” è il verbo della nostra generazione che non sapeva dove stare e che, in fin dei conti, non voleva stare da nessuna parte.

Back In Time: TOUCHÉ AMORÉ – …To the Beat of a Dead Horse (2009)

Touché Amoré

Con il loro album d’esordio i Touché Amoré ebbero la capacità di entrare fin da subito nel cuore (spezzato) di migliaia di ascoltatori, tramite una sincerità compositiva che poche altre band sono riuscite a raggiungere.

“Songs About Fucking”, un missile diretto dove non batte il sole

Big Black

“Songs About Fucking” è il canto del cigno di questa creatura durata nemmeno 10 anni ed è la rappresentazione finale di un futuro inciso a caratteri cubitali nella storia della musica indie (ma indie sul serio).

“Suffer”, un ruggente menestrello dalla parte degli ultimi

Suffer

i Bad Religion riconoscono l’enorme valore catartico del dolore. Un fuoco che divampa ma non distrugge; brucia la carne ma non piega lo spirito.

Back In Time: FABRI FIBRA – Mr. Simpatia (2004)

Diretto, dissacrante, feroce, esilarante. Chi non vuole riconoscere a questo disco lo status di pietra miliare e l’apertura di orizzonti espressivi fino a quel momento inediti per il rap italiano mente sapendo di mentire.

Back In Time: METALLICA – …And Justice For All (1988)

“…And Justice For All”, con tutti i suoi innegabili difetti per quanto riguarda prettamente la resa sonora, è un disco dal fascino assolutamente unico: l’ultimo tassello del periodo classico dei Metallica è un impressionante esempio di thrash metal progressivo e mutante

“Jane Doe” dei Converge, la rivelazione dei sentimenti

Jane Doe

“Jane Doe” non ha un inizio così olistico come “Petitioning The Empty Sky”. Non ci ha mai pensato. Inizia come un vero disco grind, un disco grind che non potrebbe andare avanti da solo se non avesse altri pezzi grind da concatenare.