Ai Deftones delle delimitazioni di genere già allora fregava poco e niente e la leggiadra pesantezza di “Adrenaline” ne fu esempio chiave di un’intera carriera.
Il tempo passa, le band stingono, le fanbase irritano ma dischi come “Kid A” rimangono, ora e sempre, scolpiti indelebilmente nell’etere. L’anima qui non è pervenuta.
I Get Up Kids di “Four Minute Mile” diventano quindi i classici ragazzi con un po’ più di esperienza di te, che passano oltre al tuo essere metallaro o ascoltare hardcore. Sono capaci di criticarti perché ascolti gli Strife e gli All Out War ma ti danno tempo per crescere, secondo la loro opinione.
Ma in fondo “Dirt” è “solo” un disco heavy, misantropico, oscuro e alienante, a chi cazzo frega di definirlo grunge in fin dei conti?
Tutto il mondo sommerso che veniva cantato per metafore, significati nascosti e simbolismi negli anni ’80, in “Nevermind” prende forma e parola venendo scagliato contro l’ipocrisia benpensante posta a salvaguardia delle apparenze e di una decenza fatta di forme, ma non di sostanza.
Forse perché troppo preso dall’entusiasmo dovuto al raggiungimento dell’apice della propria summa stilistica il quartetto commise un errore: diciassette brani con così poche variazioni sul tema, rischiano di essere troppi per non annoiare. Ciò non impedì ai RHCP di compiere il cruciale passaggio da realtà di culto a una delle più famose rock band del pianeta.
“Houdini” è quel lamento subacqueo, un canto di acque sozze, lugubri e deliranti, di sgomento divertente tra baracche white trash e scatologia psichedelica.
“Symptoms + Cures” è un capolavoro che entra sottopelle, capace di agire come un numero nove nell’area di rigore della musica moderna.
“Paranoid” non è altro che un lugubre manifesto politico, un tardivo requiem per lo spirito di una Summer of Love già da un pezzo sul viale del tramonto.
“Oceanic” scorre come un fiume in piena travolgendo tutto al suo passaggio, inondando le case e le strade, sommergendo i prati e i campi coltivati. Si perde il senso di un brano che inizia o che finisce, il fluire è talmente omogeneo e piacevole che la mente non può far altro che abbandonarsi alle onde sonore dell’oceano di suono creato dagli ISIS e fluttuare dolcemente sulla superficie increspata dal vento.
Per poter apprezzare questo lavoro non serve necessariamente condividere un certo mood, essere tristi, cinici o pessimisti. Bisogna solo imparare a digerire un messaggio che rappresenta una sorta di liberazione dalla rabbia e dalle delusioni.
La musica contenuta nell’opera di mezzo del trittico boschiano del mostro esplora le lande desolate dell’animo degli esseri umani di fine millennio, confusi e perduti tra distrazioni/distruzioni di massa amplificate da televisione e dalla nascente rete in un cumulo cyberpunk di lì a divenire sostrato della vita di ogni giorno.
Ma sappiamo bene e in anticipo che non esiste, una cura contro il dolore, se non ascoltare questo disco con il cuore in mano e l’anima in fiamme, in un silenzio che turba e che commuove, assuefatti ai vapori di una droga che non sconvolge, ma calma, acquieta e sussurra.
“Relationship Of Command” è il verbo della nostra generazione che non sapeva dove stare e che, in fin dei conti, non voleva stare da nessuna parte.
Con il loro album d’esordio i Touché Amoré ebbero la capacità di entrare fin da subito nel cuore (spezzato) di migliaia di ascoltatori, tramite una sincerità compositiva che poche altre band sono riuscite a raggiungere.
“Songs About Fucking” è il canto del cigno di questa creatura durata nemmeno 10 anni ed è la rappresentazione finale di un futuro inciso a caratteri cubitali nella storia della musica indie (ma indie sul serio).
i Bad Religion riconoscono l’enorme valore catartico del dolore. Un fuoco che divampa ma non distrugge; brucia la carne ma non piega lo spirito.
Diretto, dissacrante, feroce, esilarante. Chi non vuole riconoscere a questo disco lo status di pietra miliare e l’apertura di orizzonti espressivi fino a quel momento inediti per il rap italiano mente sapendo di mentire.
“…And Justice For All”, con tutti i suoi innegabili difetti per quanto riguarda prettamente la resa sonora, è un disco dal fascino assolutamente unico: l’ultimo tassello del periodo classico dei Metallica è un impressionante esempio di thrash metal progressivo e mutante
“Jane Doe” non ha un inizio così olistico come “Petitioning The Empty Sky”. Non ci ha mai pensato. Inizia come un vero disco grind, un disco grind che non potrebbe andare avanti da solo se non avesse altri pezzi grind da concatenare.