“(a) Senile Animal” fu un album dritto e potente, quasi punk nella sua fisicità e tutto sommato facile e più accessibile se paragonato a certi loro standard passati.
“No Need to Argue” ha consacrato i Cranberries e il canto melodico della loro musa all’immortalità. E, in verità, ancora oggi sento di poter affermare che senza di lei siamo tutti un po’ più orfani.
“Blank Generation” era un bruciante manifesto di un’epoca e di una generazione disorientata alla disperata ricerca di qualcosa con cui riempire il vuoto del titolo.
Se con “Dummy” ci chiedevamo come fosse possibile che una musica così dark potesse diventare materia da apericena in spiaggia, con “Portishead” siamo lieti di constatare che ciò non ci pare sia accaduto.
“Strangeways, Here We Come” trasmette un senso di affascinante incompletezza: è come smontare un qualche oggetto e dai suoi pezzi crearne uno nuovo, del tutto diverso. È come l’ultima puntata di una serie televisiva, che ti fa chiedere sempre se ci sarà una prossima stagione o se sia davvero la fine di tutto. E il dubbio rimane, anche a più di trent’anni di distanza.
Con “Discipline”, tutto il prog e l’art-rock fino allora esistito trova nuovi pascoli dove scorrazzare e, da quel momento, avremo sviluppi inattesi, come il math-rock e il post-rock che, senza questo disco, sarebbero stati tutt’altra cosa.
“Celebrity Skin” è un concentrato di drammi e luccicori; incubi e nubi. Un manuale sulla fama, sulla morte e sul mistero: dodici tracce dal rock ammaliante e diretto; dodici episodi che sfidano lo star system hollywoodiano e le sue avidità.
In “Bone Machine” c’era un’aria da disastro imminente, da fine di tutte le cose, e il grugnito della voce di Tom Waits evocava gli spiriti dei vecchi bluesmen per far loro suonare le trombe del giudizio universale.
Con i Puddle Of Mudd speravamo di aver trovato una nuova band che potesse rilanciare un nuovo genere negli anni d’oro del Nu Metal. E invece…
Gli Strokes avevano l’arroganza, lo stile e le migliori canzoni del 2001: niente che non avessimo già ascoltato un milione di volte, ma “Is This It” pulsava di una vitalità che ridava al rock il suo destino di musica giovane e ribelle.
Ragazzi come loro, in ogni angolo del pianeta, ascoltano le storie raccontate in “Ten” e automaticamente si immedesimano, lasciandosi andare a una spontanea empatia
Con “Dummy” il trip-hop conquistò le classifiche. Il genere e “Dummy” in particolare, avrebbe quindi invaso anche gli aperitivi, le lounge fighette e le corsie dei supermercati. Come poi una musica così oscura come quella dei Portishead abbia potuto associarsi a momenti di edonismo, resta un mistero che non vale la pena approfondire
“Be Here Now” forse non sarà ricordato come il capolavoro degli Oasis, ma la storia sotto la sua superficie resta affascinante e, inoltre, è innegabile la sua importanza sociale e culturale
Riascoltando oggi “Wrong” dei NoMeansNo non si può non notare l’influenza che ebbe su certa musica degli anni 90, e soprattutto è ancora impressionante, a distanza di più di trent’anni, la freschezza di questo lavoro che ha davvero pochi eguali.
Probabilmente esiste un’età “più giusta” per ascoltare certi dischi. Certe canzoni hanno un’eco maggiore se ascoltate durante i piccoli e grandi drammi dell’adolescenza, dove tutto è incerto, estremo, incompleto. “I Brought You My Bullets, You Brought Me Your Love” è uno di questi.
“My Aim Is True” era cinico e insolente, ed Elvis Costello si crogiolava nell’ambizione di essere il rocker più irritante del reame.
Geniale, originalissimo, imprescindibile, quest’album alterna melodia, potenza chitarristica, una certa predilezione per abrasive atmosfere heavy e per la psichedelia, puro e semplice Rock’n’Roll.
Ma cosa sarebbe stato il grunge senza i Mother Love Bone? Poco, forse nulla, perché quasi tutti i capolavori di epoca successiva provenienti da Seattle risentono in modo meravigliosamente inequivocabile dell’energia sprigionata da “Apple”
“Placebo” è un album che si fonda totalmente sulla belligeranza e su un’acrimonia ancestrale che sbrana chi sceglie di ascoltarlo provando a rimanerne distaccato.
Il carrozzone concreto e pesante di organizzazione e regole precise se ne va. L’ultimo rimorchio alzando il polverone prende la strada e, all’imbrunire, rimane una cosa sola: il deserto.