In “Collapse Into Now” ci sono le riflessioni raccontate dal trio di Athens. Delle storie che girano attorno al soggetto, senza mai avvicinarsi più di tanto, ma che non nascondono la verità. Un lavoro che ancora oggi canta la pace, canta la vittoria, canta la speranza
“The Power to Believe” è un gran disco che merita ascolti attenti da parte degli amanti del Metal, quanto del Prog, o semplicemente della musica.
Non stiamo qua a chiederci se “Master Of Puppets” sia il miglior lavoro dei Metallica, il disco più importante del thrash metal o addirittura di tutto l’heavy metal in generale. Fa semplicemente parte di quella ristretta cerchia di album che corrispondono a quelle definizioni. In altre parole, non è solo al comando, ma senza tema di smentita fa parte del gruppo di testa
Tra dildo giganti e papponi del precariato, vicini di casa ubriachi e spacciatori paranoici, vite minime ed emarginati totali, Beck aveva scritto il vademecum della genreless music.
Divorai il disco, passandolo persino ad alcuni miei amici più cari. Era una cosa che, sì e no, avrò fatto cinque volte solo in vita mia. Volevo che tutti si rendessero finalmente conto di appartenere ad una risma di persone fatiscenti accomunate dall’inseguimento di progetti scadenti.
Se l’intento del titolo è far capire che la band dei Gallagher ora si erge in piedi sulle spalle dei giganti Fab Four di Liverpool, c’è un non so che di romantico in tutto questo, quasi di rivendicazione delle loro radici musicali
Un disco multiforme, a partire dal titolo: per alcuni è omonimo, per altri è “I”, per altri ancora è “Car”, dal primo piano di copertina che ritrae un’auto coperta di pioggia nella quale si scorge un Gabriel dall’espressione enigmatica. Quella copertina ricorda quanto sia difficile, ma anche emozionante, allontanarsi da una strada nota per intraprenderne una tutta nuova
“The Blue Mask” è un’opera che segna una cesura esistenziale e artistica per l’autore e, al contempo, un’opera di transizione. Non è uno dei capolavori essenziali di Lou Reed, ma pur sempre uno dei suoi capolavori
Le canzoni di “Harvest” si allargavano e richiudevano, in bilico tra riflessi dorati e recessi d’ombra, tra la resa e la fuga. “Harvest” era la quiete che precedeva il disastro.
Sono sicuro che se, a distanza di cinquant’anni, dovessi affrontare ancora una volta il percorso dalla stazione a casa mia, tornando da un viaggio, lo farei ancora con la faccia immersa per metà nel mio giubbotto, ascoltando il mio respiro come se avessi sedici anni.
L’ultima notte dei Morphine fu anche la più cupa, e quelle di Mark Sandman sembravano le preghiere di un ex giocatore d’azzardo non troppo sicuro del perdono.
Parlare di “The Modern Dance” è come fare la parafrasi di una poesia, un eterno fallimento. “The Modern Dance” lo puoi solo ascoltare e, se sei coraggioso, insieme agli scheletri e ai demoni personali, fare qualche passo di questa danza macabra.
“Apocalypse Dudes” continuerà a seminare il terrore. Suonatelo oggi in pubblico e proiettate i testi su un maxischermo e Romero tornerà dal mondo dei morti (chi meglio di lui) e girerà un film di zombie impazziti e imbarazzati. “Ass Cobra” ha demolito il perbenismo di facciata, “AD” se l’è fatto e rifatto
Preso da solo, quest’album è un vivido esempio di come combinare dissonanza e dolcezza pur mantenendo il suo lato pericoloso. Visto nel contesto del loro viaggio, da pornografia a romanticismo e ritorno, “The Great Annihilator” funge da apoteosi epica.
Gli Hüsker Dü erano una rock’n’roll band sull’orlo di una crisi di nervi e “Warehouse: Songs and Stories” abbassava per sempre la saracinesca sulla loro avventura: rimaneva il ruggito innocente di queste venti canzoni e la loro matassa di bellezza e disperazione, di saggezza e follia.
“Here Come The Warm Jets” trascendeva le definizioni e gli stili, mischiando il pop-rock con le più svariate influenze, dalla classica al jazz e fino all’estetica barocca, in pieno contrasto con la produzione ambient ed elettronica del Brian Eno di qualche anno più tardi.
“Magic and Loss” è un’opera poetica immensa e rara nel panorama della musica “popolare”, decisamente una di quelle sue opere che assurgono al rango di capolavoro immortale.
Un disco difficile sin dalla sua nascita che nonostante tutto fu capace di conquistare il mondo intero, in quella stagione particolarmente ricca di momenti memorabili. Una stagione che d’altronde incoronò i Van Halen a padroni incontrastati dell’hard rock
“Terremoto” è violento, perché il clima in cui nasce è quello, il bubbone che esplode fa deflagrare le chitarre, e i testi sono il vero affondo nel ventre molle del virus della politica, degli elettori e degli eletti
Dentro “Songs Of Leonard Cohen” c’era la docile inquietudine di un beatiful loser che frugava nella tragedia del mistero umano per cercarne lo splendore