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Real Estate – Atlas

2014 - Domino
indie/pop

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Tracklist

1. Had to Hear
2. Past Lives
3. Talking Backwards
4. April’s Song
5. The Bend
6. Crime
7. Primitive
8. How might I live
9. Horizon
10. Navigator

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Real Estate non hanno capito nulla o non granché di quello, che esplode là fuori dal loro studio di registrazione. Ma è una consolazione sapere che sono ancora lì, soft-pop tra le mani, a girare-suonare e parlare della vita, etc. ..

La loro è musica priva di contesto: il contesto sono loro e il rapporto con l’ascoltatore, spaesato per la loro inoffensività. Con il resto del corpo brani, che ci guarda. “Atlas” (Domino, 2014) è un disco in potenza vuoto: non è brutto, è bello, ma fin dove è serio?, davvero nessuno scherzo?. Volendo, è musica pura, priva di implicazioni e dunque idea pura di suono. Possono anche cascare bombe, mentre suonano su un palco e loro a continuare a sussurrare: non c’è guerra fredda, che spaventi il loro melodiare.
La loro malinconia è la nostra consolazione, motivo per cui “Days” (Domino, 2011) era il disco, che era. Non possiamo dire: – Real Estate cazzo fate? -, senso non ne avrebbe, loro suonano e fine. Bisogna prenderli con filosofia, lasciarli lì dove sono, non turbarli.

“[…] Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
c’è ancora tempo per il giorno […].”

Non ha senso pretendere da loro null’altro che sacro colore pop. C’è sofferenza, simulata un po’ qui un po’ là, tutto con raffinatezza. Real Estate è pop, stessa prospettiva di Kurt Vile. Musica, che guarda e passa il presente e si rifugia nella non-volontà. Musica per la mia tartaruga, che smette di sguazzare, si affaccia dalla vasca, anche se magari non sente quel, che sento io. Contro la noia, “Atlas” è contro tutto quello, che si agita più del necessario. Il principio del nulla di troppo.
In fondo è solo Domino e queste sono anche troppe battute per un disco, che ha scelto di voler essere dimenticato col tempo e in silenzio, senza drammi e urla. Che gruppo!, fa salire la simpatia, anche se non c’è nemmeno identificazione, non voglio suonare nei Real Estate, la mia tartaruga non so. Quindi alla fine hanno coraggio a prendere in mano dei pezzi, che nessuno avrebbe il coraggio di suonare o anche pensare.
Real Estate passano un’oretta per il nostro oggi e poi se ne tornano da dove son venuti, ovvero nessun luogo. Non è sbagliata, non attuale sì. Ti ritrovi dalla loro parte, appunto per simpatia. Ascoltare “Atlas” non è questione di necessario o meno, sono impassibili, ogni traccia simula emozioni, da cui non è scossa. E proprio la loro mancanza di coinvolgimento, quantomeno non vero, è la salvezza. Purtroppo, in caso contrario, sputano fuori una ‘How Might I Live’, che è una porcheria melensa, che non t’immagini: vien su il fastidio, perché la loro alienazione non è più positiva, ma squallore. Vai e li prendi a schiaffi. Sale la violenza. Con ‘Horizon’ poi tornano in atarassia e toccano le corde giuste, senza frustrazione. Più che esecutori, spettatori dei loro strumenti.

Real Estate: ultimi comunisti evangelici della terra. Non è importane, è solo divertente, non sono marxisti, sono Tolstoj, sì, e tutto il resto .. Cosa ci consola?, il fatto di non essere loro, la struttura dei pezzi è la stessa ogni volta. Come se non fossero padroni di se stessi, come spero invece che siano. Si potrebbe dire che Real Estate sono musicisti alienati alle dipendenze della catena di montaggio della Domino, che detto così ha anche un senso, ma pubblicare un disco ogni tre anni rivela il contrario. Servirebbero più dischi loro all’anno, per dire che poi, alla fine, va tutto bene anche così, anche se non è vero.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=MgsdblVq8wo[/youtube]

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