Davide Tosches è uno di quelli bravi.
A due anni di distanza da “Il lento disgelo”, il cantautore torinese torna con un nuovo lavoro, “Luci della città distante”. Le coordinate sono sostanzialmente le stesse, con atmosfere morbide e avvolgenti, testi densi di significato, nonché la preziosa collaborazione di artisti di valore come, tra gli altri, Luca Andriolo, Ramon Moro, Catherine Graindorge, Hugo Race, GianCarlo Onorato.
Ci troviamo di fronte a un disco di descrizione e di contemplazione, forse meno di impatto rispetto ai due precedenti, forse ancor più personale, sicuramente richiede un ascolto più approfondito per essere penetrato e compreso. Quella di Davide Tosches è una poetica che si sofferma sui dettagli, sulla magia e la meraviglia delle piccole cose.
La musica è strutturata e spontanea, raffinata e polverosa allo stesso tempo, suona come un tentativo di cogliere e raccontare la poesia e la spiritualità che permeano la quotidianità, il volo di un airone, un cane addormentato o il suono di un campanile lontano.
Nove brani scanditi da linee di contrabbasso che danno l’idea di una marcia solenne, accompagnamento alla voce e alla tensione sempre crescente degli archi intensi di Catherine Graindorge e del flicorno di Ramon Moro.
Spiccano su tutti “Il primo giorno d’estate” e “Il calabrone”, pezzi particolarmente suggestivi e di rara profondità comunicativa. Il percorso artistico di Davide Tosches tende sempre più ad aderire a un linguaggio semplice, sincero ed evocativo, lontano da sovrastrutture e vicino alla poesia grandiosa e profonda della terra e della natura.
“Luci della città distante” è un disco che trasuda consapevolezza e chiarezza d’intenti, è un lavoro accurato di cucitura tra musica, parole e interpretazione.
Un disco profondo e suggestivo, con un’attitudine all’eleganza che può ricordare Paolo Conte.
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