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Swanz The Lonely Cat – Covers On My Bed, Stones In My Pillow

2017 - Desvelos
folk / blues / lo-fi

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Tracklist

1. Love me tender (Presley/ Matson)
2. Wayfaring stranger (Traditional)
3. Peggy Sue got married (Holly)
4. the eternal (Curtis/Albrecht/Dickens/Morris/Hook)
5. All along the watchtower (Dylan)
6. Lovers (Tyla)
7. Thoughtless Kind (Cale)
8. A mother's last worlds to her son (Phillips)
9. For the good times (Kristofferson)
10. Cold cold heart (Williams)


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Un esordio solista composto da cover può essere molto pericoloso per un ascoltatore. Il rischio è quello di cadere nella tentazione di sovrainterpretare, di trovare chissà quale significato nascosto nelle scelte dell’artista.

Luca Andriolo, frontman dei Dead Cat in a Bag, ci regala un album solista a nome Swanz The Lonely Cat, mettendo mano ad una serie di grandi classici, tra scelte prevedibili e altre sorprendenti. Omaggi, tributi e dichiarazioni d’intenti, certamente, ma non renderebbe onore a questo lavoro il fossilizzarsi sul perché delle scelte, piuttosto che parlare del suono e del quadro d’insieme. Rispetto ai Dead Cat in a Bag mancano completamente le atmosfere gipsy, i suoni dei Balcani, e risulta predominante l’aspetto intimo, raccolto, fondamentalmente folk.

L’album si apre con “Love me Tender”, un omaggio ad Elvis che odora del primo Nick Cave, ma meno morboso e devoto, più rispettoso. Sentita, e riuscita, la rivisitazione blues di un pezzo traditional come “Wayfaring Stranger”. “Peggy Sue Got Married” (Buddy Holly) è momento meno cupo del disco e cede il passo a “The Eternal”, il brano più stravolto da Swanz, e forse anche il più riuscito. Una versione acustica, viscerale, introiettata e rielaborata in modo del tutto personale, ma fedele nello spirito dei Joy Division. Bellissime le parti con gli archi.

Davanti alla presenza di “All along the Watchtower” si potrebbe essere legittimamente portati a domandarsi se davvero ci fosse stato bisogno di un’ennesima cover di questo brano, ma basta un ascolto per ricredersi. Tra bluegrass e post-punk, sembra una rilettura di Dylan fatta dai 16 Horsepower insieme a Tom Waits, con finale a sorpresa.

La seconda metà dell’album prosegue sulla linea della prima, tra un’ottima cover di “Lovers” (Tyla) alla quale viene data una spruzzata di ruggine, e una presenza che era lecito aspettarsi, come John Cale (Thoughtless Kind). Omaggi al grande blues (Washington Phillips), alla canzone d’autore americana (Kris Kristofferson) e al country di Hank Williams (“Cold cold Heart”), il tutto filtrato dal marchio di Swanz, che riesce inequivocabilmente a farli propri.

Covers On My bed, Stones In My Pillow è un lavoro riuscito, un distillato delle proprie influenze e delle proprie idee, un passo in avanti con uno sguardo indietro. Registrato nel salotto di casa, ha il plus di un genuino e artigianale lo-fi.

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