Definire lo stile di Beck vuol dire perdersi in una serie d’irrimediabili e contraddittorie formulazioni. L’artista non ha categoria, fin dai primi esordi amava giocare con le dotte concezioni dei generi per schernire il mondo della musica, creare nuove energie e sostanze incompatibili.
Nel 1994 uscì’ il suo primo album “One Foot In The Grave”, un suono ancora immaturo ma pieno di entusiasmo folk, e di ricerca personale. La critica si complimentò caricando di successo tale disco inoltre, la collaborazione dei Dust Brother alimentò ulteriori entusiasmi.
Nel 2009, è stata realizzata la versione Deluxe, dell’omonimo, con una serie di brani inediti, nuove versioni e sorprendenti riprese.
Il suono leggero, la voce dall’estensione quieta, è il Beck della vecchia tradizione country americana.
Gli esordi del giovane polistrumentista non consideravano l’eclettico guscio pop, ma spogli da tale impegno si canonizzano verso orizzonti scanditi dalla propria cultura di appartenenza.
I brani sono caratterizzati da leggeri tocchi di acustica, tenere effusioni musicali sottoscritte da parole stentate, ma molto originali.
La tradizione è usata e modificata in un supplizio piacevole mentre la trasgressione è alimentata in silenzio, grazie alla ripresa di Still, Young e Nash, una vitalità tranquilla descritta da nuove tracce come: “Teenage wastebasket”, “Black lake morning”, “Feather in your cap”.
L’elemento elettronico rimane colmo di silenzio, spesso sostituito da un’armonica, non riesce a trovar spazio, catalizzato nella propria sostanza, ma privo di sofferenza.
Ascoltare vuol dire immaginare un mondo ormai fuori da tempo, dipinto da un continente pre-industriale, nel quale la semplicità e gli antichi “valori “ sopravvivono perpetui lungo l’irregolare segmento dell’evoluzione.
Un Cd importante per considerare le tappe musicali conseguite da questo geniale singer/composer, ma soprattutto un’emozione senza regole capace di sollecitare i nobili sensi.