Fulvio, un ex critico cinematografico relegato al ruolo di giornalista di gossip. Domenico, agente immobiliare che arrotonda i propri introiti facendo l’accompagnatore; e Ulisse, ex produttore discografico proprietario di un negozio di vinili; sono tre genitori divorziati cui la crisi li obbliga a dover dividere una casa alla periferia di Roma. Una sera Domenico dopo aver assunto del viagra viene colpito da un attacco cardiaco. Fulvio e Ulisse si trovano così costretti a chiamare una cardiologa di fiducia.
La crisi della famiglia e dell’economia capitalista narrata in salsa come sempre acre da un Verdone che abbandona definitivamente la facile risata per prediligere, come egli stesso ha affermato, un salto di qualità nella narrazione e nel messaggio finale di questa pellicola. A fargli da spalla una solida sceneggiatura scritta a sei mani con i fidi Albertazzi e Plastino e due attori fra i migliori volti del cinema di casa nostra; il Pierfrancesco Favino che di recente abbiamo rivisto al cinema nel ruolo del violento celerino di “ACAB”, di Stefano Sollima, ma che ormai può spaziare indifferentemente dalla commedia al genere drammatico; e Marco Giallini che con questa ennesima prova è forse riuscito a far virare definitivamente la propria carriera verso una direzione che ricorda quella del Gassman del “Sorpasso”, ovvero tanto bravo a passare da ruoli drammatici a cialtroneschi con inaspettata rapidità. A completare questa ventitreesima fatica del regista romano un cast di supporto capeggiato da Micaela Ramazzotti, che in questo frangente non riesce a sfiorare i vertici interpretativi di “La prima cosa bella” (2010); alla quale s’aggiunge Nicoletta Romanoff nel piccolo e contenuto ruolo della moglie di Fulvio (Favino). Da vedere se siete innamorati di Verdone e se desiderate comunque ricevere una ventata di speranza come solo nella penultima fatica del regista (Io, Loro e Lara) si era potuta intravedere.
a cura di Ciro Andreotti
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