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ROCK IN IDRHO “Preview” – Carroponte, Milano, 13 giugno 2012

Rock In Idrho Preview solo di nome e per modo di dire, perché la line-up di questo 13 giugno è davvero delle migliori: La Dispute, Billy Talent, Hot Water Music, The Hives. Ma soprattutto Lagwagon e The Offspring. Roba da far tornare indietro di almeno dieci anni, per chi venti anni non li ha più.

Causa lavoro e inizio del festival alle 18.30 mi perdo, con mio dispiacere, La Dispute e Billy Talent. Sento voci che però mi dicono che i primi non abbiano fatto un grande show, al contrario della band Canadese, ma questo potrà essere confermato personalmente solo da chi ha assistito ai loro show.
Arriviamo invece in tempo per vedere gli Hot Water Music che sul second stage ci offrono una buon set. Nonostante siano circa le 20, sotto il palco la gente è ben presente e dimostra partecipazione, anche se non troppa, verso la band di Gainesville che con i suoi 40 minuti di show scalda per bene il pubblico per il main stage successivo, su cui saliranno i The Hives.
I suoni generali, fin dal primo minuto, sono sembrati un po’ bassi e questo è valso per ogni stage e per ogni set, e con bassi intendiamo che mentre si suonava si riusciva a parlare benissimo tra di noi senza urlare eccessivamente, tanto che ogni tanto qualche voce dal pubblico chiedeva di girare la manopola dell’audio.
I The Hives salgono sul palco intorno alle 20.30 e subito ci regalano energia e divertimento. Avevo già avuto modo di vederli nel 2005 al primo e storico Rock In Idro, e dopo sette anni l’intensità live non è cambiata di una virgola. Vestiti tutti in frac nero con camicia bianca come al loro solito, e sovrastati da gigantesche lettere al neon a formare il loro nome, gli Svedesi cantano e suonano benissimo, consci di saper tenere in caldo il pubblico facendoli ballare e cantare dalla prima all’ultima canzone. Pelle Almqvist è in gran forma, anche se ha il piccolo difettuccio di voler parlare troppo in Italiano sbagliando spesso, e prendendosi correzioni continue dal suo pubblico. Apprezziamo lo sforzo, ma se sai di non sapere la lingua non esagerare! Il loro set comprende pezzi quali “Come On!”, con cui si apre il loro concerto, “Walk Idiot Walk”, “Main Offender”, “Wait a Minute” e poi un encore che si conclude con la ormai celeberrima “Tick Tick Boom”, con la quale salutano e ringraziano. I The Hives non sbagliano mai, divertenti ed allegri!

Arriva la band che molti di noi aspettavano, tant’è che corriamo subito verso il second stage per assistere allo show dei Lagwagon. I Lagwagon signore e signori, ogni parola è superflua quando si parla di loro e del loro carismatico frontman Joey Cape. Oltre vent’anni di attività, legati da sempre all’etichetta Fat Wreck Chords e al mondo del punk rock, a distanza di qualche anno dal loro ultimo concerto in Italia stasera sono qui davanti a noi. Dopo un veloce saluto al loro pubblico, si parte subito con “Island Of Shame” ed è il delirio: il pogo parte e non si fermerà più fino alla fine. Noi ci troviamo in mezzo e non abbiamo alcuna intenzione di uscirne, vogliamo partecipare ad uno dei migliori show. Joey, nonostante la voce che non tiene più come un tempo, appare in ottima forma e pare non sbagliare quasi nulla, così come gli altri strumenti. Chris Filippin si mostra con un mantello bianco con scritto in bomboletta verde LW, e anche lui stasera si dimostra il solito simpaticone. “Violins” è il secondo pezzo del set, che precede molti pezzi storici tra cui “Lazy”, “Weak”, “After You My Friend”, “Sleep”, “Razor Burn”, la mitica “Mr. Coffee” con tanto di esercizi fisici sul palco da parte di Joey. Nella seconda metà dello show abbiamo “Coffee And Cigarettes”, “Give It Back”, “Alien 8” che scatena davvero il delirio dei presenti, con magliette strappate, occhiali rotti, portafogli e cellulari persi. Sembra che stia anche iniziando a piovere, ma fortunatamente non verrà giù nulla se non qualche goccia che, in questo contesto, può solo rinfrescare senza disturbare. I Lagwagon chiudono con due loro grandi classici, “Making Friends” e “May 16”, dopodiché salutano e speriamo sia solo un arrivederci. Dopo pochi minuti, a lato del second stage, compare Joey Cape che come sempre si dimostra disponibile con i ragazzi, scambiando battute e facendo qualche foto. Sicuramente sono stati 45 minuti sentitissimi, in cui i fan non hanno smesso di cantare un attimo e, più di ogni altra cosa, si è sentita l’amicizia che la musica può creare tra persone che non si conoscono, ma che sono unite attraverso una band che li ha segnati profondamente.

Come per gli altri gruppi, bisogna correre verso il main stage. Non c’è un secondo da perdere, bisogna conquistare i posti migliori perché tra pochissimo sul palco saliranno gli Offspring. Anche su di loro ogni parola è superflua: hanno fatto nascere e crescere milioni di punk rockers nel mondo grazie alla loro musica e al loro stile Californiano. Ora, a distanza di anni dal loro più grande successo, Smash, e da altrettanti dall’ultimo disco che lo zoccolo duro dei fan reputa degno del loro nome, “Americana”, sono ancora qui con noi. Reduci dall’uscita di un album che non convince assolutamente, come del resto anche quello precedente, il pubblico è qui per risentire le canzoni che hanno fatto la storia. Le luci si spengono, risplende il logo bianco della band ed ecco salire sul palco Dexter Holland che intona “You’re Gonna Go Far, Kids”. Le file iniziano a spostarsi, lo show è cominciato alla grande e continua ancora meglio perché segue “All I Want” che è davvero la scintilla per chi si trova in mezzo al pubblico e vuole rimanerci fino alla fine, per ascoltare anche il pezzo successivo, “Come Out And Play”.
Il brutto arriva subito dopo, quando in scaletta compare “Days Go By” che non convince praticamente quasi nessuno. Molti rimangono fermi in segno di disappunto e, alla fine del pezzo, una contestazione si alza dal pubblico: “il nuovo disco potete tenervelo”. Che dire, se i due nuovi singoli rispecchiano il nuovo album, chiunque l’abbia gridato non ha davvero torto.
Per fortuna che si fanno immediatamente scusare tirando fuori la classica doppietta “Have You Ever” e “Staring At The Sun”, seguita subito da “Original Prankster”. La band fa molti cambi di chitarra, con modelli anche diversi da quelli che hanno sempre usato e che chi li segue da molto tempo si ricorda bene. Oltretutto alla batteria stasera troviamo Pete Parada, già batterista dei Face To Face, che si dimostra molto adatto anche in una band come gli Offspring.
Continuano i successi in scaletta con “Bad Habit“, che dai il la per numerosi circle pit che si verranno a creare, “Walla Walla”, “Kristy, Are You Doing Okay” che è la seconda nota stonata del set, “Americana”, la famosissima “Why Don’t You Get A Job”, l’altrettanta famosa “Pretty Fly (For A White Guy)” che li ha definitivamente consacrati a livello mondiale, e “The Kids Aren’t Alright”. Chiudono l’encore con “(Can’t Get My) Head Around You” e l’attesissima, immancabile ed emozionante “Self Esteem”.
Chiudono dopo un’ora e un quarto di musica, di emozioni e di soddisfazione. Purtroppo gli anni passano per tutti e sul palco la band non è più quella di una volta: Holland  e soci fanno benissimo il loro lavoro, suoni e voce infatti non sono niente male, ma lasciano trasparire ogni tanto un po’ di indifferenza, forse tipica di chi ha alle spalle anni di carriera e forse tutto ciò è diventata ormai consuetudine.

Questa preview del Rock In Idrho credo sia stata pienamente positiva. Ottime le band sul palco, buona organizzazione e, soprattutto, ottima l’atmosfera che si respirava. Sin dal primo passo all’interno del Carroponte l’aria era delle migliori: persone, amici, unione per la musica in tutto il suo significato. Oggi c’è stata davvero tanta voglia di punk-rock: lo si è visto dagli occhi della gente, dalla partecipazione, dal pogo, e dal numero di persone che ha partecipato a questa edizione del Rock In Idhro Preview. Credo davvero non si potesse chiedere di meglio.

a cura di Mairo Cinquetti

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