50 anni dopo, “Larks’ Tongues in Aspic” si staglia come un gigante nella storia della musica rock. Un gigante che alla sua matura età risulta più fico, originale, attuale e attraente che mai e per nulla invecchiato.
Ancora oggi digrigno spesso, tra i denti, le parole di Every Breath Is A Bomb. Perché tra tutti gli album ascoltati in quegli anni, “Burn Piano Island, Burn” è certamente quello che ha definito più nettamente cosa significasse il termine “alternativo”.
Per rendere grande un cantautore potrebbe essere sufficiente un’originale dose di eclettismo musicale. Ma per renderlo memorabile i suoi testi devono essere ostinatamente letterari, in grado cioè di trasfigurare la realtà osservata attraverso versi che siano iconici, come accade in diverse canzoni di “This Year’s Model”.
Nelle nostre vite ascolteremo migliaia di canzoni, leggeremo centinaia di libri, passeremo ore a guardare film in televisione o al cinema, ma dopo aver ascoltato “Reinventing Axl Rose” ed averlo fatto entrare nella nostra visione del mondo, automaticamente rimanderemo tutto alle sue undici canzoni.
Nel 1997 usciva quel sublime guazzabuglio intitolato “Either/Or”; peggiore dal punto di vista delle condizioni psicologiche, in balìa dell’alcool e di una depressione che si faceva ogni giorno più tenebrosa. In termini vagamente romantici: mentre la musica spiccava il volo, la persona cadeva
Dieci brani dal suono esistenzialista, sostenuto da una strumentazione che oscilla tra gelo digitale e sinfonie basate su campionamenti: il risultato è un disco con uno stato d’animo assolutamente avvolgente.
Una vastità culturale e musicale, che nelle idee e nell’esecuzione dei brani partono da un concetto ancestrale e al contempo eterno: i calcetti che il feto dà nel grembo materno rappresentano l’inizio della vita, un processo di continuazione della specie che si ripete ogni volta in modo rassicurante e sorprendente
Quest’album è un lungo brivido che per quasi 80 minuti ti attanaglia, è un’emozione devastante, annichilente ma perfettamente lucida nella sua forza distruttrice, emotivamente sovraccarico, psicologicamente deviante.
“In The Aeroplane Over The Sea” ha il raro potere di essere un disco sospeso nel tempo.
“100th Window” veste i panni di un algoritmo sonico, una sorta di soundtrack in cerca di epifanie visive. È un album che non teme minimamente lo scorrere delle lancette, non sbiadisce e non perde neanche uno scintillio della sua cupa bellezza. A vent’anni di distanza non possiamo far altro che dichiararci ancora perdutamente sedotti.
È energia pura, endogena, epidermica, che impone l’esplorazione di tutto ciò che abbiamo sotto pelle. Tolto lo strato superficiale, la sostanza di ogni essere umano è di colore rosa
“The Raven” è un disco complesso e poliedrico, come poliedrica è stata la carriera di Lou Reed. Derivativo e personale allo stesso tempo, segna il punto di contatto con Edgar Allan Poe: dissidio lacerante tra il desiderio di sopravvivenza e l’istinto di autodistruzione.
Tra le tante della nuova era delle ragazzine della musica pop c’era anche lei, la ragazza cheerleader annoiata, candida e pura come un putto ma che ammicca come una pornostar o almeno ci prova: Britney Spears. Correva l’anno 1999, ancora uno e il mondo sarebbe finito
Chi non avrebbe voluto essere esposto alla presenza del genio di Suffolk, mentre cresce e si affaccia al mondo? Avremmo voluto avercelo in casa, avremmo voluto essere stati educati e formati da una personalità così.
È impossibile immaginare l’evoluzione del rock alternativo senza di loro.
La grandezza di “John Lennon / Plastic Ono Band” è riconoscibile da qualunque lato lo si guardi. Musica, testi, copertina: un tutt’uno scarno, essenziale, una radiografia del pensiero di John Lennon, scevro dal vincolo che avevano i Beatles di incarnare il mondo in personaggi immaginari.
La vera essenza di “Vitalogy” sta nel suo significato intrinseco, nell’obiettivo pienamente centrato di comunicare un tutto attraverso le canzoni, che ne rappresentano singole parti. Sta nel filo conduttore che attraversa l’album: quella linea sottile, ma infinita, che separa la vita dalla morte
Gli One Dimensional Man mettevano in scena le emozioni più istintuali suscitate dai due poli verso cui tendono i sentimenti umani: l’amore e l’odio.
Sembrava tutto facile per i Faraquet, l’abilità nel passare da un ritmo ad un altro totalmente diverso è sorprendente. “The View From This Tower” era un disco magico, istintivo, naturale, unico, una perla da riscoprire nel meraviglioso catalogo di Dischord Records.
“Come un cammello in una grondaia” è un progetto rivoluzionario, sia sotto il profilo musicale sia sotto il profilo poetico. Un album che si adatta allo stato d’animo dell’ascoltatore e a tutte le domande che emergono feroci ad ogni ascolto.