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Interviste

Intervista a ZONA MC

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A fine 2014 abbiamo scritto del nuovo lavoro di Zona Mc “Porconomia”, come sempre lontano decenni luce dall’ordinario e dal mainstream. Non paghi di ciò, ci abbiamo pure fatto due (mila) chiacchere!!

Mondiali 2014, iPhone 6, Robin Williams, Grande fratello, Istanze on line, Ebola, Schumacher, La grande bellezza, Temptation island, Sanremo 2014. Queste sono le 10 parole più ricercate nel 2014 dagli italiani su Google. Commenti?
Spero che mi perdonerai se invece di commentare questi dati proporrò una decostruzione dei commenti più facili che essi possono innescare: negli ultimi anni infatti ho riflettuto spesso sul ruolo dei dati statistici per la conoscenza, analizzandone il carattere contestuale (un dato ha senso solo se confrontato ad altri dati, o alla stessa variabile misurata in altri intervalli, in questo caso le ricerche su Google degli anni precedenti, o allo stesso dato relativo ad un altro campione, in questo caso le ricerche su Google in altre nazioni o le ricerche degli italiani in altri ambiti, anche non digitali) che viene spesso ignorato dai commentatori.
Questo dato infatti non si riferisce agli interessi degli italiani in generale, ma solo a quelli degli italiani che usano Google: credo che sarebbe quindi erroneo utilizzarlo per conoscere una pretesa identità del popolo italiano, mentre può essere un dato interessante (se confrontato a quelli degli anni precedenti) per comprendere le repentine variazioni delle mode, dei meme e
dei tormentoni giornalistici attuali.
Allo stesso modo può essere utile a comprendere le differenze tra la cultura digitale degli italiani e quelle degli stranieri.Ma soffermarsi solo sulla cultura tecnologica è insufficiente (se non fuorviante) per valutare la cultura di un popolo, specialmente nel caso italiano: l’Italia infatti non è all’avanguardia cu le tecniche (cit.), quindi leggendo erroneamente questi dati si rischia di alimentare il cancro culturale che sta uccidendo la cultura (e l’economia) italiana, il “confrontismo autorazzista”, secondo cui gli altri popoli (specialmente nordeuropei) sono culturalmente migliori.
Comunque, a parte ciò, da un certo punto di vista sono felice che IstanzeOnline sia nella top 10, poiché ciò significa che ci stiamo avviando verso una digitalizzazione ed ottimizzazione dell’amministrazione pubblica, ma come ho spiegato spesso (anche nel mio videoblog Decostruendo) sono ben altre le digitalizzazioni di cui l’Italia avrebbe bisogno (la digitalizzazione dell’amministrazione è infatti il lato innocuo delle potenzialità politiche del digitale, ben diverso dall’E-democracy, progetto sperimentale e in quanto tale rivoluzionario, bloccato da tanti pregiudizi).

Come vedi la cosiddetta scena hip hop italiana? La domanda non brilla per originalità, ok, ma visto che a mio avviso in giro ci sono tante cose interessanti, soprattutto nelle cosiddette “serie minori”, vorrei capire cosa ne pensa uno del mestiere. Nel caso, hai poi progetti o artisti da segnalare?
Le “serie minori” sono linee di fuga dalla scena Hip Hop italiana, sono ramificazioni rizomatiche che non rappresentano lo stato della scena, ma il suo divenire, il suo differenziarsi in molte scene.
Per fare un esempio, Uochi Toki e Miike Takeshi fanno cose molto diverse tra loro, sono artisti che consiglierei a chiunque ma non credo che siano rappresentativi in fatto di Hip Hop, né che siano interessati ad esserlo (Miike, ad esempio, preferisce parlare di Poetro, ossia di una fusione tra un certo tipo di poesia e di teatro).
Quindi ci sono tanti tipi di rap, anzi, il rap ormai non esiste più, si è disseminato nella società, nascondendosi nelle sue pieghe, dando origine a grandi sperimentazioni ma anche allo spot dei ghiaccioli con i pinguini.
Il notiziario stradale oggi ha una sigla jungle: le categorie che conoscevamo si stanno confondendo in modo imprevisto.
Alcuni rimpiangono il rap ben definito degli anni 90: ma anche quello era un derivazione di quello ben diverso degli anni 80, che a sua volta era il frutto del funk e del soul messi a loop… insomma, credo sia più interessante chiedersi: che cosa può fare il rap oggi, come può dare ancora fastidio ed essere innovativo quando gli spot istituzionali suonano jungle?
La mia ultima risposta è stata: parlando di economia e mettendo i dati in copertina.

La musica per Zona è un fine oppure un mezzo?
Intendi la musica in generale o la mia musica?
Nel caso della mia musica, io cerco di considerarla un fine, ma può essere utilizzata anche come un mezzo: sicuramente Porconomia, il mio ultimo cd dedicato a tematiche attualistiche, può offrire vari spunti per riflettere sulla percezione italiana dell’economia internazionale, ed Ananke (o certe tracce di Scrivere col sangue) è un mio disco che può essere utile per memorizzare certi tratti della storia della filosofia (io stesso uso certe rime come promemoria e scrivo promemoria in rima…).
Non so però se gli altri possono considerare la mia musica un fine: non essendo molto musicale non credo che sia facile goderne come opera fine a sé stessa, ma forse mi sbaglio, qualcuno mi ha detto persino l’opposto.

Porconomia” mi è piaciuto per quel saper descrivere la tristissima realtà attuale con ironia e se vogliamo leggerezza, sensazione valorizzata poi da sonorità più accessibili rispetto ai precedenti lavori. Tale contrasto è episodico oppure dobbiamo aspettarci novità per il futuro prossimo?
Non so, non ho un futuro musicale ben delineato in testa (e forse è questa apertura a garantirmi la possibilità di evoluzione), ma di sicuro il mio prossimo album (ZonaMC + Burla2222 = Burlona) è molto distante da Porconomia, molto meno accessibile e concettualmente più legato ai miei album precedenti, ma non anticipo troppo perché è un disco che deve venire come un fulmine.

Un libro, un album, un film e un sito. A proposito hai mai pensato di scrivere un libro?
Ci penso e ci lavoro costantemente: ho pc e quaderni pieni di appunti ma per ora non li ritengo rilevanti per una pubblicazione.
Forse il livello medio delle pubblicazioni recenti ha abbassato il concetto di “rilevante”: ma non credo che si debba scrivere solo perché lo fanno tutti, e di certo non perché in molti lo fanno male.
Per me è l’opposto: poche persone che conosco hanno realmente qualcosa di nuovo ed urgente da dire (troppo spesso si crede che per essere uno scrittore basti parlare di sé e delle proprie idee sul mondo, alimentando così un autobiografismo egocentrico che satura l’editoria di nulla).
Per fortuna la comunicazione si articola su più livelli temporali e finora ho quindi potuto integrare le deficienze dei dialoghi e delle letture attuali con letture di grandi opere del passato: se mai scriverò, vorrei che fosse per interagire con tali opere, non per spiccare tra le pubblicazioni recenti.
Comunque, ecco l’elenco (con le opere/siti che ho fruito più volte):

Libro – Gilles Deleuze, Félix Guattari, Che cos’è la filosofia.

Album – Sergej Vasil’evi? Rachmaninov, Concerto per pianoforte e orchestra n. 3

Film – Richard Linklater, Waking Life, 2001

Sito – Comedybay.it

Fino a qualche anno fa nell’elenco di cui sopra si sarebbe potuto inserire anche un talk show o un giornale (quotidiano o settimanale). Ora direi non più. Come giudichi l’informazione italiana?
Difficile dare un giudizio complessivo, ma in media, per quanto riguarda il giornalismo ed il dibattito politico “mainstream”, preferisco quello del passato (preferisco Pasolini e Montanelli a Travaglio, come preferisco il discorso che Napolitano fece da deputato del PCI nel ’78 a quelli che fa oggi da presidente…).
Ma il Web 2.0. ha confuso anche queste categorie, rendendo l’informazione disseminata e mutando notevolmente il problema: per questo, tornando ciclicamente alla prima domanda, il ruolo dei dati mi sembra determinante e non va quindi sottovalutato, poiché il fatto che tutti possono essere giornalisti non significa solo che tutti possono pubblicare tutto e diventare celebri per 5 minuti, ma anche che tutti hanno quindi la responsabilità di un giornalista e potrebbero consultare i dati ufficiali pubblicati online ed imparare a leggerli contestualmente.
In questo senso la “cultura digitale” a cui mi riferivo prima potrebbe comprendere anche una “pedagogia dell’utente Web 2.0.”, che si potrebbe articolare anche in discipline come “I dati nel Web 2.0.”: l’E-democracy stessa è infatti fondata sull’idea che i singoli dovrebbero poter avere l’occasione di sconvolgere il dibattito con le loro particolari letture dei dati, anche solo una volta nella vita, anche su un solo tema (ovviamente non sono teorie che ho inventato io: nel mio videoblog e nella mia tesi – gratuitamente scaricabile dal mio sito come tutti i miei album – ci sono tutti i riferimenti da cui le ho derivate. Per questo non ho ancora scritto: perché non credo di aver ancora maturato una posizione nuova e rilevante.)

Domandone finale: progetti per 2015?
Un progetto lungimirante potrebbe essere quello di prepararsi ad affrontare progetti non previsti e ad accettare il fallimento di tutti i progetti (lavorativi, artistici…) che ho delineato per il 2015.
Si dice che i giovani sono senza futuro, riferendosi alla loro reale impossibilità di fare scelte economico/lavorative sicure e lungimiranti: ma esiste forse una sicurezza definitiva, anche quando si ha un posto fisso?
Da un certo punto di vista siamo tutti senza futuro e la capacità di affrontare il rischio è fondamentale.
Certo, con qualche eccezione: forse quelli che hanno un’eredità miliardaria possono fare progetti più grandi e lungimiranti.
Ma non mi sembra che Paris abbia dei progetti così rilevanti, infatti… ha scritto anche un libro.

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