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FOO FIGHTERS – Unipol Arena, Bologna, 13 novembre 2015

foofighters

Al mio arrivo alla Unipol Arena la fila per entrare è già di quelle imponenti, ma fortunatamente risolvo in maniera rapida le procedure di entrata. Mancano solo una manciata di minuti per l’inizio dello show del supporting act della serata, Trombone Shorty & Orleans Avenue, artista poco conosciuto in Italia ma dalla buona reputazione Oltreoceano, tanto da essersi esibito più volte alla Casa Bianca. Lo spettacolo della band americana è per lo più strumentale e la sezione fiati (con trombone, tromba e sassofono) la fa da padrona. Nei 45 minuti di show ogni membro del gruppo ha avuto la possibilità di mettere in mostra le proprie qualità, grazie a diversi “solo”, inoltre le doti di entertainer del leader riescono a coinvolgere il pubblico presente, che lentamente riempie l’arena in attesa del main act.

Alle 20.30 la caduta del tendone marchiato “FF” segna l’inizio del concerto dei Foo Fighters. L’inizio con ‘Everlong’ è arrembante, fulminante, la folla esplode, incontenibile. Il parterre diventa di fuoco, la temperatura tocca picchi da mezzogiorno sahariano, tutti soffrono compreso Dave Grohl, trionfante sul suo trono di chitarre, con una fantastica maglia dei Mastodon, a dimostrazione che per fare della buona musica occorre anche ascoltare ed apprezzarne di buona.

La mobilità di Grohl è ancora ridotta, ma grazie al suo trono che si muove lungo il palco riesce a godersi anche l’abbraccio del pubblico, che pende dalle sue labbra. Il poker ‘Monkey Wrench’, ‘Learn to Fly’, ‘Something for Nothing’ e ‘The Pretender’ sigillano la love story tra il pubblico ed il gruppo. Necessario, così, il primo lento. Dave Grohl spiega il suo amore per la città di Bologna che iniziò a frequentare a 19 anni, col suo primo gruppo gli Scream. Dedica così uno dei primi successi del gruppo ‘Big Me’ ai suoi amici bolognesi.

Il concerto prosegue con brani tratti da tutti gli album della band e forse a risaltare sono solo i 3 brani dall’ultimo disco ‘Sonic Highways’, ma il materiale da cui attingere è oggettivamente molto vasto. A metà serata è il momento della presentazione della band: si parte con Chris Shiflett alla chitarra, Rami Jaffee alle tastiere, Nate Mendel al basso, Pat Smear alla chitarra e l’urlo finale per Taylor Hawkins alla batteria, che subito dopo farà da lead singer per ‘Cold Day in the Sun’.

I Foo Fighters riescono a conquistare il pubblico con semplicità ed immediatezza, senza particolari effetti scenografici.

Simpatico il siparietto al momento di ‘Wheels’, che Grohl ha ammesso non piacere molto al pubblico, ad eccezione di quello bolognese che ha partecipato anche in questa occasione. Da quel momento sono iniziati una serie di scherzi e coretti tra band e pubblico molto divertenti, con grasse risate da parte dei ragazzi sul palco. Lo show procede senza pause, anche perchè il gruppo evita gli encore poi non vogliono effettuare “quel imbarazzante rituale di far finta di uscire per poi rientrare sul palco”, dice Dave Grohl. In chiusura c’è tempo per la cover di ‘In the Flesh?’ dei Pink Floyd, cantata da Taylor Hawkins, e per il discorso di ringraziamento di Grohl, genuinamente rapito dalla partecipazione ed il fermento del pubblico, arrivando ad affermare, addirittura, che sembrava che il pubblico fosse la star della serata e la band lì come pubblico. La chiusura con ‘Best of You’ diviene così la perfetta conclusione, o meglio best of us.

Le band che propongono del rock, con la r maiuscola, al momento si contano sulle dita di una mano ed i Foo Fighters ne fanno legittimamente parte. Il loro è uno show totale: musica, tecnica, testi, coinvolgimento, goduria.

Purtroppo i fatti di cronaca hanno suggerito alla band di cancellare le restanti date del tour, ma questa è un’altra questione…

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