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Back In Time

“Reign In Blood”, il regno di sangue degli Slayer

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DO YOU WANNA DIE??

Tom Araya, “Postmortem

Anno 1986: un anno dopo il nerissimo “Hell Awaits“, gli Slayer si preparavano ad entrare in studio per registrare il loro terzo lavoro accompagnati da Rick Rubin, un produttore hip-hop che aveva nel suo curriculum gente come Run-DMC, LL Cool J e Beastie Boys. Se una cosa simile può sembrare strana ancora oggi, figuriamoci quanto poteva esserlo trentaquattro anni fa. Nessuno di loro probabilmente ne era consapevole all’epoca, ma da quell’azzardo ne sarebbe uscito fuori un disco che avrebbe settato gli standard per l’evoluzione intera del metal estremo, stilisticamente e tecnicamente.

Sì, perché i vent’otto minuti e cinquantacinque secondi di “Reign In Blood” non sono solo il punto più alto per il gruppo californiano, ma rappresentano volente o volente il metro di paragone per qualunque cosa estrema sia venuta fuori successivamente, a partire dal suono, secco e “in your face” che perde in toto qualsiasi traccia di riverbero mettendo in evidenza la mostruosa prova tecnica del gruppo. Da un punto di vista puramente tecnico (grazie all’approccio di Rubin) “Reign In Blood” diventerà una sorta di spartiacque in grado di far suonare immediatamente datata qualsiasi produzione metal precedente e influenzerà pesantemente gli anni successivi obbligando qualsiasi gruppo a prendere la stessa strada.

Ogni brano di questo disco (quasi interamente scritto dal mai troppo compianto Jeff Hanneman), è un miracolo sonoro che non lascia scampo, un concentrato di velocita, efficacia, groove, e nichilismo come mai si era sentito prima. A partire dallo screaming disumano in apertura di Angel Of Death(apoteosi del solismo della coppia HannemanKing) fino alla pioggia battente posta in chiusura, veniamo travolti da una serie di schegge sonore impazzite come il death metal ante-litteram di Necrophobic (immaginate cosa poteva essere ascoltare un brano simile nel 1986), JesusSaves e Reborn alternati da (rari) momenti in cui è il midtempo a farla da padrone, come in CriminallyInsane o nella gigantesca Postmortem, sorta di punto di incontro perfetto tra riffing heavy metal, groove hardcore con gli ultimi quarantadue secondi ad anticipare un lustro di death-metal.

Dave Lombardo renderà immortale, con una prova al limite dell’umano, il brano di chiusura Raining Blood (la cui assonanza col titolo del disco non è un caso) che per chi scrive rimane forse il brano estremo per eccellenza. A chiunque vi chiedesse che cosa sia il metal, fategli sentire questa canzone, lo capirà al volo.

Reign In Blood” è e rimarrà inevitabilmente il disco metal estremo più influente della storia, senza se e senza ma. Un disco talmente importante e perfetto che avrebbe potuto distruggere la carriera di qualsiasi band, ma non degli stessi Slayer che ebbero l’intelligenza e l’umiltà di capire quanto fosse impossibile anche solo pensare di poterlo replicare.

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