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Interviste

L’ombra della luce: intervista ai San Leo

© San Leo

È sempre un’operazione rischiosa approcciarsi criticamente ad una proposta musicale strumentale e sviscerarne dei significati. Sempre troppo soggettivi e legati ad un movimento interiore che scuote corde profonde e intime, sempre sfuggenti, in costante trasformazione, evanescenti, imprendibili e sicuramente non oggettivabili.

I San Leo sono un duo riminese che si pone in un punto imprecisato dello spazio-tempo, sicuramente oltre la visione lineare e confortante della ‘’contemporaneità’’. La band propone un personalissimo flusso di idee, una fusione di stili, influenze, sogni, violenze, distorsioni e visioni che difficilmente trovano una nicchia calda nelle collocazioni discografiche.

I San Leo rispondono a loro stessi, in un costante dialogo col mondo. La band è inoltre fresca di pubblicazione, “SOL” è infatti il risultato dell’ultima prestazione sonora, registrato in occasione del Transmission Waves nel marzo di quest’anno, mostrando ancor più da vicino il processo di manipolazione del materiale grezzo in veri e propri paesaggi sonori e groove ipnotici.

Abbiamo raggiunto i due Marco per farci raccontare la genesi e il futuro dei San Leo, dai San Leo stessi.

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Impatto Sonoro. Comincerei col chiedervi come state e come è stato produrre un album durante una pandemia globale.

Ciao, grazie a voi. Stiamo abbastanza bene, indipendentemente dalle contingenze globali. L’album (parlando di “Mantracore”) in realtà è stato registrato tra luglio 2019 e gennaio 2020, mentre la composizione e un primo rodaggio live dei brani risalgono ad un periodo che si allunga fino a circa un anno e mezzo prima. Questo per dire che, per quanto ci riguarda, non c’è nulla all’interno del disco di quanto abbiamo vissuto successivamente in termini di macro-eventi globali. La conseguenza del lockdown per San Leo è stata il non potere sfruttare veramente al meglio il lavoro di promozione svolto da Bronson Recordings, non avendo modo di suonare dal vivo sulla scia dell’uscita dell’album e del buon riscontro che ha avuto. La delusione dovuta al non poter girare per concerti è stata però mitigata dalla soddisfazione personale per come è venuto il disco, e successivamente superata dall’interesse per nuove idee musicali che stiamo tuttora sviluppando.

Come raccontereste il percorso dei San Leo a qualcuno che non vi ha mai ascoltati?

Suoniamo dal 2013, facciamo un tipo di musica densa e immersiva usando batteria e chitarra (con qualche effetto), e ogni volta che abbiamo un’urgenza espressiva cerchiamo di realizzarla al meglio delle nostre possibilità. Poco altro da aggiungere, c’è il link al Bandcamp! Se questa persona è aperta disponibile a sintonizzarsi speriamo rimanga incuriosita – c’è un momento per ogni cosa, capiamo che per una proposta non proprio “immediata” come assimilazione ci vogliono le giuste condizioni in termini di ricettività.

Come è nata l’idea del disco?

Volevamo fare qualcosa che fosse più di una “semplice” raccolta di brani, e che per certi versi si posasse come un macigno su tutto un percorso che sentivamo di avere esplorato abbastanza con i dischi precedenti. Un macigno come a dire “fine” ma anche “altro” e “oltre”. Un oggetto solido che generasse una sensazione immediata e un senso di tensione costante, mettendo da parte certe soluzioni più “narrative”, e si portasse direttamente in primissimo piano, sgranando l’esperienza di fruizione musicale fino al parossismo. Da subito abbiamo pensato a una struttura speculare, due lunghi brani che si riflettessero e contrastassero. In seguito abbiamo integrato alcune delle atmosfere chiave e l’intelaiatura ritmica, lavorando di semplificazione e sottrazione come uno scultore che toglie tutto quello che non assomiglia alla figura che visualizza nella sua mente, o un architetto alle prese con il rapporto tra vuoti e pieni.

Come vi sembra sia stato percepito/accolto Mantracore?

Da quel che abbiamo letto ci sono state ottime recensioni su riviste e webzine nonché belle parole da parte di amici e nuovi ascoltatori. Quello che abbiamo apprezzato più di tutto è stato notare come dietro ogni interpretazione e ogni parere ci fosse un ascolto vero e un coinvolgimento profondo, un’espressione di generosità e apertura che non diamo per scontata. Detto questo, abbiamo apprezzato anche il recensore tedesco che senza peli sulla lingua ci ha praticamente dato dei ciarlatani. Respect!

Mi è sembrato che l’impalcatura alla base della vostra musica sia l’idea di esplorazione cosmica ed interiore attraverso il suono e la sua manipolazione. È così o sono totalmente fuori strada?

Credo che questa impressione descriva tantissima musica, o perlomeno buona parte di quella che ci piace ascoltare. In quello che facciamo (magari anche non consapevolmente), così come in altri gruppi o musicisti, questo rapporto che hai descritto come relazione cosmo-interiorità si sviluppa in tante altre accezioni o sfumature: natura-psicologia, ordine-entropia, e così via. Penso che come tua interpretazione personale sia assolutamente legittima, e anzi trasmette molto del modo in cui vivi l’ascolto, per cui non possiamo che ringraziarti.

https://sanleo.bandcamp.com/album/sol-live-at-transmissions-waves

Il vostro approccio alla scrittura tiene vigile l’idea della ricezione dell’ascoltatore oppure è un flusso di coscienza personale slegato dall’idea di futuro?

Per quanto possano sembrare antitetici, penso che questi approcci possano tranquillamente incontrarsi. Del resto, se prendi uno qualunque dei tuoi artisti preferiti, quello che vuoi è che esprima la propria visione personale senza ingerenze esterne, no? Sta tutto nel trovare il giusto equilibrio fra la profondità di quello che si vuole esprimere e la capacità comunicativa di chi suona, in uno scambio di sensibilità e apertura reciproca con l’ascoltatore. Inoltre, se pensi al processo di scrittura (o, per fare un esempio più terra-terra, alle prove di una band), è possibile immaginarsi come spettatore, estraniandosi dal ruolo di musicista e valutando una determinata scelta con distacco critico ma sempre basandosi sul proprio gusto/sensibilità.

Più che l’origine del titolo dell’album sono molto curioso a proposito del significato dei titoli delle canzoni.

Come accennato sopra, qualunque suggestione personale è bene accetta!

Quali sono, se ci sono, i vostri gruppi di riferimento?

Non abbiamo veri e propri gruppi di riferimento. Quando non troviamo risposta a qualche problema, guardiamo fuori, alla natura o all’architettura, questo genere di influenze. Se però dovessi darti qualche nome, Neu! e Darkthrone sono i primi che mi vengono in mente. Provenienti dalla “periferia” (rispetto a un mondo musicale da sempre rivolto verso la produzione anglo-americana), sono riusciti a inventarsi un sound e un’estetica assolutamente personali in totale indipendenza (raccontando anche tanto del loro luogo di provenienza) e costruendosi una credibilità senza neppure scomodarsi a suonare dal vivo!

Nel 2021 ha ancora senso parlare di scena? Vi sentite in qualche modo appartenenti a qualche realtà specifica?

Non so dirti se abbia senso o meno parlare di scena, posso solo dirti che per quanto riguarda San Leo non ci sentiamo veramente chiamati in causa in quanto non siamo mai stati parte di una “realtà specifica”. Quello che abbiamo trovato e troviamo, spesso e volentieri, sono persone con spiriti affini (o meglio ancora diversi) con le quali condividere situazioni e punti di vista, individui e collettivi interessanti che ci hanno in parte influenzato e hanno arricchito il nostro bagaglio di esperienze. Siamo consapevoli del fascino un po’ romantico che l’idea di “scena” porta con sé, ma da parte nostra possiamo basarci solo su questo, senza bisogno di ulteriori narrazioni.

Come ci si trova in una formazione a due? Avete mai pensato di allargare la band?

Ci si trova comodi in macchina, molto più pratici a incontrarsi e rapidi a prendere decisioni! Buona parte del nostro percorso come San Leo si basa sulla sottrazione, sull’eliminare tutto quello che non ci risulta “essenziale”. Allo stesso tempo cerchiamo, in determinati momenti, di suonare come se fossimo più persone, ritmiche più fitte, più strati di chitarre… Conviviamo con queste vocazioni contrastanti, e non siamo mai stati interessati ad allargare la formazione.

Quali sono i piani per il futuro dei San Leo?

Sviluppare tutta una serie di nuove idee e vedere dove ci portano. Sentiamo che con “Mantracore” abbiamo portato un certo discorso musicale alle estreme conseguenze, quindi è auspicabile che quello che verrà dopo seguirà altre vie (a loro volta estreme!). Idealisticamente vorremmo tornare a suonare live il più possibile, ma non ci facciamo tante illusioni. La sfida sarà appunto trovare il modo di infondere il giusto fuoco nella musica a venire senza affidarci all’esperienza live come fatto in passato. Il nostro lavoro in questo momento è quello di rimanere sintonizzati su questa nuova visione, senza fretta e senza forzare la mano, pronti a cogliere l’occasione in qualunque momento.

In ultimo vi chiederei di consigliarci qualche disco che vi è piaciuto di questa prima metà del 2021.

Per rispondere a questa domanda a un certo punto ero andato a consultare una lista di 100 dischi usciti quest’anno…ne avrò ascoltati 2 o 3, quindi non sono nella posizione migliore per dare consigli! In realtà nei nostri ascolti la data di pubblicazione del disco non è poi così importante, o perlomeno non sentiamo il bisogno di monitorare l’attualità in modo così pressante. Alcuni dischi che abbiamo scoperto o riscoperto, ascoltato e apprezzato maggiormente negli ultimi mesi: Plastikman “Consumed” (1998), Miles Davis “Get Up With It” (1974), Obituary “The End Complete” (1992), Cromagnon “ORGASM” (1969), la versione rimasterizzata di “Amar Puede Matar / Grecia Colmenares” dei Lute, “The Smile Sessions” del Beach Boys, un po’ di tutto dei Wolf Eyes, un sacco di roba hawaiiana tranquillona trovata a caso su YouTube, i 10 dischi techno degli anni ’10 consigliati da Matteo Cortesi su Metal Skunk.

Grazie per il vostro tempo, speriamo di vedervi presto sul palco!

Grazie a voi, a presto!

© San Leo

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