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Hidden Tracks

HIDDEN TRACKS #36: Eunuchs, Austere, FYEAR, Little Albert, Lord Spikeheart, Couch Slut, Atomic Life, Ornamentos del Miedo, Hammok, Arms and Sleepers

Hidden Tracks 34

Quanti brani ogni giorno, ogni settimana, ogni mese vengono pubblicati, ascoltati distrattamente e poi finiscono sepolti sotto un mare di altre uscite, a sgomitare per emergere e troppe volte divorati da pesci più grossi e più importanti? Questa è una delle tante domande esistenziali che ci poniamo ogni giorno in redazione, e a cui dopo alcuni tentennamenti e tentativi falliti abbiamo cercato di formulare una risposta.

Hidden Tracks vi accompagnerà periodicamente con i nostri brevi consigli riguardanti alcuni brani pubblicati in queste settimane e che riteniamo interessanti. Progetti da tenere d’occhio, di cui forse sentirete parlare nei prossimi tempi, provenienti in tutti i casi da quell’universo sommerso che più ci sta a cuore e che pensiamo sia giusto e stimolante seguire dal principio. In poche parole, la musica di cui non tutti parlano.

Eunuchs – Magic Death Sea Nemesis

Photo courtesy of Kirsten Felice

Mi piace pensare che la stagione delle foliès sia stata riaperta dal ritorno degli Sleepytime Gorilla Museum. Gli Eunuchs mi sembra siano un ottimo modo di proseguire su quel percorso, infatti ne parla bene anche l’ex-Mr. Bungle Bär McKinnon, quindi un ottimo biglietto da visita per la band di Sidney che nel singolo apripista dell’album “Harbour Century” (in uscita ad aprile) intitolato Magic Death Sea Nemesis riescono a pigiare assieme l’ariosità del beat Sixties e delle gran randellate avant-metal, col risultato di far prendere al brano pieghe misteriche, spaventose e demenziali, tra fiati, chitarre acide e voci ora soavi ora completamente svitate.

Austere – The Sunset of Life

(c) A Saturnus

Non capita spesso che il nome che una band sceglie rifletta poi in pieno ciò che andrà a suonare. Agli Austere l’idea di nomen omen è invece piuttosto chiara e basta sentire il brano The Sunset of Life per capire quant’è vero. Il duo australiano mette in campo un concentrato di black metal in tempi medi, compatto, affilato come uno spadone a due mani e altrettanto letale. Non lesinano sulla melodia, anzi, ne fanno un tratto distintivo, introiettando nel proprio DNA il gradiente -gaze che rende il pezzo una vera e propria ferita profonda. Se tutto “Beneath the Threshold“, quarta fatica in studio in uscita ad aprile per Lupus Lounge, sarà tutta così c’è da attendersi il peggio, cioè il meglio.

FYEAR – Pt I Trajectory

Live photo by Pierre Langlois

Lasciamo le terre australiane e fiondiamoci nel freddo Canada. I FYEAR hanno la loro base a Montréal, sono capitanati dal compositore Jason Sharp e dal poeta/scrittore Kaie Kellough e sono composti da ben nove elementi. Il decimo è la follia. Siamo nelle lande zorniane e quindi a scendere in campo è quel jazz di natura aliena e avanguardista che non smette mai di piacerci. Tra voci stralunate e salmodianti, fiati usati da artiglieria pesante, soluzioni ambient che scavano a fondo, schitarrate post-hc e frattali ritmici al limite dell’insensato, PT I Trajectory è solo uno dei sette movimenti che compongono l’opera finale che sarà l’album omonimo di debutto (capito? un altro debutto che non sembra un debutto, che sembra il leitmotiv del 2024). Ovviamente fuori (ad aprile) per Constellation Records. Canada, follia = Constellation. Ormai dovrebbe essere chiaro.

Little Albert – Still Alive

(c) Marco Zanin

Vi direi che con Little Albert si torna in Italia ma tendo a credere che le atmosfere di “The Road Not Taken“, secondo album del chitarrista di quel gruppo pazzesco che sono i Messa e in uscita a fine marzo, ci porteranno ben più lontano. Non appena si schiaccia play e si fa partire l’apripista Still Alive si finisce catapultati tra le San Bernardino Mountains e di conseguenza in un’area desertico che ammanta tutto il brano. Desert rock, per l’appunto, di quello splendido e targato John Garcia, dalla vocalità alle carezzevoli chitarre benzinate a galloni di blues. Un altro luogo e di certo un altro tempo.

Lord Spikeheart – R.E.M. FODDER feat. James Ginzburg, Koenraad Ecker

© Ronald Dick

Non si parla mai a sufficienza della crescente scena underground africana. Cominciamo a non lasciarci sfuggire il kenyota Lord Spikeheart che ad aprile tornerà con un nuovo album intitolato “The Adept“. Le premesse sono ottime e guardano tutte a una violenza sonora da lasciarci giù i timpani. Il singolo R.E.M. FODDER è un concentrato di industrial imbestialito, roba da primissimi Godflesh, con contorno di voci distorte e disturbanti, synth massacrati oltre ogni logica e pulsazioni gelide e maligne. Ah, se fa male, ah se è cyberpunk a manetta.

Coach Slut – Ode to Jimbo

Photo Credit: Jeremiah Bird

Prendete un brano come Ode to Jimbo e addentratevi in quel concentrato di chitarre/basso opprimenti da dar di stomaco dopo pochi secondi, aggiungeteci il malessere disturbante che provocano le linee vocali più vicine a grida vomitorie che altro, turbo di una sensazione asfissiante che già avrebbe dovuto cogliervi e saprete da dove arriva la band che le ha prodotte. I Couch Slut sono di New York. Neanche da dire. Patria di certo noise che assieme a rock fa tutta la differenza di questo mondo. Il loro quarto album, “You Could Do It Tonight“, sarà fuori ad aprile per Brutal Panda Records. Siete avvisati.

Atomic Life – Hit Me First

Photo: Julian Bracero

Prendete tre veterani del mondo post-core/post-hc come Billy Rymer (The Dillinger Escape Plan, Ho9909, Thoughtcrimes)Cody Hosza (Glassjaw) e Michael Sadis (NK, The Rivalry) e concludete il tutto con un giovane e potentissimo talento come quello dell’artista multidisciplinare Adea Francis, qui alla voce, e otterrete i devastanti Atomic Life. Con un EP in arrivo, il quartetto lascia come biglietto da visita la pompatissima Hit Me First, pezzone che racchiude in sé tutto quel punk yeahyeahyeahsiano ma lanciato nell’iperspazio a velocità smodata.

Ornamentos del Miedo – Flores Muertas

Sta per arrivare la primavera, ma il grigio nei cieli non accenna ad andarsene. Casca allora a pennello questo lunghissimo brano degli spagnoli Ornamentos del Miedo: si intitola Flores Muertas – tutto un programma – ed è estratto dal nuovo album “Escapando a Través de la Tierra” – tutto un programma again -, in uscita il 15 marzo su Meuse Music Records e Tragedy Productions. Gli amanti del funeral death doom metal più classico e reazionario troveranno ottimo pane per i denti. Tutti gli altri una bella dose di sano pessimismo e male di vivere. Come dice la stessa band iberica, che fa capo ad Angel Chicote (ex Graveyard of Souls), “qui non ci sono demoni, mostri o creature fantastiche diversi da quelli che la vita ci offre”. Vai così.

Hammok – Seance

Da non confondere con il quasi omonimo duo post-rock / ambient statunitense, gli Hammok, norvegesi di Oslo, una location che musicalmente non ci delude quasi mai, sono invece una furia. Siamo dalle parti di un post-hc schizzato, sbilenco e molto noise. Bisognerà attendere davvero poco per ascoltare il loro album di debutto, che ha un titolo lunghissimo – “look how long lasting everything is moving forward for once” – ed esce questo venerdì su Thirty Something Records. Nel frattempo però, facciamoci un attimo l’orecchio con Seance, primo estratto, dal sound claustrofobico e abrasivo, esattamente come il video che lo accompagna. Se vi viene il mal di testa è ok.

Arms and Sleepers – O-R-I-O-N (ft. YEYEY)

Photo: Maria Louceiro

Altro dischetto che esce questo fine settimana è “What Tomorrow Brings“, il quattordicesimo in studio per Arms and Sleepers, progetto di proprietà del produttore bosniaco Mirza Ramic, che dalle nostre parti ha fin qui faticato a farsi notare. Lo firma la Pelagic Records, di solito attentissima a quanto avviene in ambito post-* e derivati. Stavolta invece siamo dalle parti di un’elettronica da jazz bar, per certi versi quasi trip-hop, introspettiva e malinconica. Tutto ben incastonato nelle note e nell’atmosfera del primo estratto, che si intitola O-R-I-O-N ed è un brano che la voce di YEYEY sembra voler rendere spensierato ma in realtà è tagliente come una spada di ghiaccio.

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