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So Light, So Cool: 20 dischi soul imprescindibili

Se una canzone parla di qualcosa che ho vissuto o che potrebbe essermi successo, va bene. Ma se mi è estranea, non potrei prestare nulla ad essa. Perché questo è ciò che il Soul è.

Aretha Franklin

Ammettiamolo, quando si parla di Black Music spesso e volentieri si rimane incastrati in fastidiosi pregiudizi e cliché per i quali solo il blues e il jazz sono considerati il punto di riferimento musicale del popolo afroamericano. In realtà non è del tutto sbagliato, ma bisogna considerare anche come questi generi si siano evoluti con il passare degli anni subendo una trasformazione tematica e musicale molto drastica in cui l’impegno sociale, la lotta contro il razzismo e lo sfruttamento delle classi operaie sono diventati il motore per la redenzione e per la ricerca della gioia di vivere, dando vita anche alla musica Soul.

È letteralmente la musica dell’anima, e potrebbe sembrare retorico, ma è proprio così. Nell’idea di fondo, l’autore di musica soul tira fuori la propria anima, esprimendo in musica un ampio spettro di emozioni e di drammi interiori. Il genere troverà una sua vera identità a partire dalla metà degli anni Sessanta, prendendo tutto ciò che c’era di essenziale nelle varie aree della musica black, dal Blues al Funk, ma anche dalla psichedelia, affermandosi con il tempo e diventando di fatto un punto di riferimento per la futura musica R&B. Il Soul dominerà le classifiche di tutto il mondo, facendo incursione tra i dischi pop e divenendo uno dei generi musicali più ascoltati di sempre, anche svoltando verso la Disco Music.

In questa classifica analizzeremo il Soul come concetto di musica open minded, in cui la tecnica dell’artista passa forse in secondo piano per dare importanza maggiore alla musica nella sua organicità. Ci focalizzeremo su di un arco temporale di dieci anni, dal 1965 al 1975, un decennio che si può definire come quello della nascita e dello sviluppo del Soul più autentico, ricco di correnti, approcci stilistici e timbriche differenti, senza dimenticare però che, come sempre, sono soprattutto le storie degli artisti che valorizzano in maniera definitiva la storia di questa musica.

I grandi artisti soffrono per la gente

Marvin Gaye

Marvin Gaye & Tammi Terrell – United (1967)

Non possiamo non partire dalla coppia più bella del Soul, ovvero Marvin Gaye e Tammi Terrel, il duo più voluttuoso del genere. “United” si inserisce senza troppi dubbi in questa classifica, visto e considerato che è il primo dei tre album del duo. E come non citare il brano Ain’t No Mountain High Enough, il pezzo che li ha resi celebri anche nel cinema accompagnando tanti film come colonna sonora.? Uno tra i pochi dischi che racconta al meglio l’amore per se stessi e per gli altri, la speranza e la fede, in un connubio di orchestrazioni e fiati tutti suonati in tonalità maggiore. Trovano anche spazio momenti più sentimentalisti come Your Precious Love.

Bobby Hebb – Sunny (1966)

Robert Von Hebb, questo è il vero nome, fa parte della scena Smooth Jazz, un tipo di Jazz dedito alla danza e al canto. Il suo esordio come musicista è molto simpatico e bizzarro: iniziò infatti a suonare come primo “strumento” i cucchiai da minestra. Dopo anni Robert spiegò che al tempo era molto difficile guadagnare qualche soldo, ma dopo tanta dedizione passò a suonare strumenti molto più consoni come la tromba, per poi trovare riparo nel canto. Uno dei suoi brani più famosi è proprio Sunny, scritta tre anni prima della pubblicazione dell’omonimo disco, che per la precisione, è più una compilation di singoli che un album vero e proprio, perché ancora non esisteva la concezione di album, ma di Best Of. Sunny esce il 22 novembre del 1963, e in quel giorno, oltre all’assassinio di John F. Kennedy, avvenne anche quello di suo fratello Harold, ucciso a coltellate all’esterno di un night club a Nashville. Bobby Hebb intenderà esprimere la sua predisposizione a vedere le cose positive e solari nella vita pur di fronte alle tragedia. Subito dopo la pubblicazione di “Sunny“, Bobby otterrà un successo immediato e andrà in tour con i Beatles.

The Jackson 5 – Diana Ross Presents The Jackson 5 (1969)

Michael Jackson non ha bisogno di presentazioni e non ha bisogno di presentazioni neanche la sua carriera solista, per cui rimaniamo con i piedi per terra, ben piantati nel suo progetto d’esordio che vede tutta la sua famiglia esibirsi nel cosiddetto Bubblegum Soul. A volte questi nomignoli potrebbero non spiegare nulla ma in realtà in questo caso è stato creato un tipo di Soul studiato e destinato al consumo di massa per teenager e bambini. I The Jackson 5 rientrano in questa categoria, tra l’altro sono tra le boy band più famose dello Youth Soul, e questo disco d’esordio rientra perfettamente nel contesto di musica per i giovani, con melodie sempre fresche, solari, arrivando addirittura ad essere un disco terapeutico per le scuole materne. Un album scritto da molte mani e che prende il meglio di artisti come The Corporation, Stevie Wonder e Smokey Robinson, portando questo lavoro a raggiungere la prima posizione delle classifiche di vendita in ogni dove. I Want You Back l’abbiamo sentita anche all’asilo, dai!

Martha Reeves & The Vandellas – Watchout! (1966)

Partite come band per il coro della scuola, il loro esordio musicale arriva nella metà degli anni 50, quando non avevano ancora quindici anni, come formazione vocale femminile per feste scolastiche e private, balli di fine anno, compleanni e via dicendo. Verranno adocchiate da Marvin Gaye e dalla Motown: la musica diventa un vero e proprio lavoro perché la l’etichetta offre un contratto grazie al quale avranno l’opportunità di pubblicare almeno un disco all’anno, dal 1963 fino al 1972. Noi scegliamo “Watchout!“, del 1966, un disco Soul che prende in prestito i ritmi del Be-Bop. Con stacchetti, applausi e schiocchi di dita, il brano I’m Ready For Love diventerà subito un cult, anche televisivo. Nel 1968 Martha Reeves andò incontro a un esaurimento nervoso dovuto dalla pressione lavorativa a cui era sottoposta dalla Motown e tutto ciò rallentò l’attività artistica del trio che da quel momento iniziò a perdere la vitalità avviandosi verso un lento e inesorabile declino.

Isaac Hayes – Hot Buttered Soul (1969)

Il buon caro vecchio Isaac, chiamato il Mosè Nero, è stato il salvatore della Stax Record, etichetta rivale della Motown. Salvatore perché in quegli anni la Stax stava perdendo dei diritti di autore e Isaac Hayes (già artista per l’etichetta) prenderà in mano la situazione e inciderà “Hot Buttered Soul“, che porterà in voga quello che sarà il Soul avanguardistico, un lavoro spartiacque che guarderà ad un certo tipo di rock psichedelico, ma rimanendo sempre sensuale nelle melodie. Un tipo di Soul che guarda anche all’outfit del protagonista, in questo caso molto trasgressivo, con pellicce e catenacci. Un lavoro manieristico anche nella produzione, con l’artista che ha potuto lavorare in libertà senza idee e pareri esterni. Un disco da luci rosse.

Curtis Mayfield – Superfly (1972)

Curtis Mayfield è l’unico artista che rappresenta al meglio il Soul del lato più groovy, che strizza l’occhio al funk. Dopo un eccellente esordio, Curtis scriverà una colonna sonora per un film, intitolato “Superfly“, nelle sale nel 1972. Questo disco, a differenza dei temi che tratta genericamente il Soul, racconta nello specifico della crudezza del quotidiano, dal disagio delle periferie e alla violenza urbana. Un cast composto principalmente da attori neri e fu un successo fin da subito, con il popolo afroamericano che si immedesimò all’istante. Ma fu anche allo stesso tempo un tallone d’Achille, perché “Superfly” ha inconsciamente amplificato ancora di più il pregiudizio raccontando stereotipi, etichettando gli afroamericani come criminali. L’intento di Curtis Mayfield è quello della denuncia sociale e darà suono a questi ambienti ricordando fin da subito che in America succede anche questo. Un disco che sarà molto caro al gangsta rap degli anni 90.

The Five Stairteps – Stairteps (1970)

Quando si parla di Chicago Soul si parla di una corrente che ha un approccio molto più melodico e pop nelle sue canzoni. Un approccio che soltanto in pochi avevano il coraggio di affrontare e molti artisti venivano da un contesto socio-culturale particolare (che vedremo più avanti) e che li portava inconsciamente ad essere più “grezzi” nel suono. Il caso dei The Five Stairteps è una fusione delle prime accortezze Gospel che vanno ad inserirsi in concetti musicali più “Spiritual”, quindi potremmo considerare questa Family Band una sorta di predecessore di questa corrente. In tutto ciò, il disco che rappresenta al meglio la loro proposta Soul è “Stairteps” del 1970, e con O-o-Child The Five Stairteps avranno un impatto molto importante nel mondo del music business: la stampa li definirà la famiglia del Soul, una carica che poi lasceranno ai The Jackson 5.

Wilson Pickett – The Exciting Wilson Pickett (1966)

Questo album è la vera e propria scuola di John Belushi e Dan Aykroyd, ed è qui che nasceranno i Blues Brothers. E se non vi basta addirittura anche Nino Ferrer lo citerà nel brano La Pelle Nera. Wilson Pickett è l’artista che donerà il pathos alla musica Soul, regalando ai comuni mortali “The Exciting Wilson Pickett“, un disco energico e incredibile nel quale non esiste un brano sbagliato. Land Of 1000 Dances, Barefootin’, Mercy, Mercy e potremmo andare avanti ad oltranza. Il caso particolare dell’artista è che divenne famoso anche nel nostro paese, partecipando addirittura al Festival di Sanremo cantando Deborah in coppia con Fausto Leali nel 1968, e nell’edizione successiva con un non ancora celebre Lucio Battisti, cantando sempre in coppia Un’Avventura.

Johnny Bristol – Hang on in There Baby (1974)

Johnny Bristol è forse il volto meno noto di questo genere, ed è tutto regolare, perché la sua carriera inizierà da dietro le quinte, come produttore per la Motown, e questo gli regalerà un buon curriculum portandolo a conoscere personalmente artisti di alto calibro, come Nina Simone a Aretha Franklin. La sua carriera inizierà proprio con questo album, “Hang On In There Baby“, un buon Soul, non innovativo vista l’annata, e che arrivava in un momento in cui il genere si stava trasformando. Sicuramente però non è un lavoro da buttare, perché qui la parte dominante è l’amore, musica true love, catchy, ispirata ad un certo sound alla Barry White. You and I e Take Care Of You For Me guardano il lato più femminile della melodia, ed è questa la prerogativa del cosiddetto Smooth Soul.

Nina Simone – Silk & Soul (1967)

Dicevamo che il genere affronta in maniera emotiva anche i diritti civili del popolo nero. Ecco: Nina Simone rientra, musicalmente parlando, nell’attivismo vero e proprio, diventando amica e alleata di Malcom X e Martin Luther King. La sua voce particolarissima verrà usata come “arma” per creare spaccati sociali, perfetta per puntare il dito su cosa è giusto e su cosa è sbagliato e combattere il razzismo. “Silk & Soul” è una storia vera, così troppo vera che fa male all’America e il Music business la porterà ingiustamente a pubblicare di rado i propri dischi. Eunice Kathleen Waymon, questo il suo vero nome, era il volto della giustizia del Soul. Go To Hell nei posteri, sempre!

Donna Summer – Lady of the Night (1974)

La bellissima Donna Summer viene riconosciuta spesso dal grande pubblico come regina della disco music, vincendo premi molto prestigiosi come 6 American Music Awards e 5 Grammy. Nella sua carriera fu vittima di una canzone considerata troppo erotica dalla stampa, in particolare in Je T’aime… Moi Non Plus, dove si contano ben 17 gemiti interpretati dalla stessa autrice, che portò ad una nuova visione nel fare musica sensuale. “Lady Of The Night” è l’esordio di Donna Summer, porta al suo interno incursioni mai sentite prima, come il Folk e il Pop Rock, senza snaturare la vera essenza del Soul.

Diana Ross – Diana Ross (1970)

Un altro volto noto nella musica Soul, quello di Diana Ross, vocalist imprescindibile che sarà destinata ad essere una delle voci più angeliche della musica. Nata in un contesto familiare molto difficile, Diana inizia la sua carriera con il trio The Supremes che, dopo una strepitosa gavetta, abbandonerà per dedicarsi alla carriera solista, e con questo omonimo album (da non confondere con il suo secondo self titled del 1976) assistiamo ad uno dei primi capitoli in cui il Soul abbraccia il Boogie, una corrente del blues che vede pianoforte e orchestrazioni, spesso suonate dalle Big Band. Nel caso di Diana Ross il sound del disco risulta più affusolato, portando pezzi di ottima caratura come Reach Out And Touch, oppure come in You’re All I need To Get By in cui si scorgono tratti di Soul intimista e solare.

Love Unlimited – In Heat (1974)

Barry White ci aveva preso con le Love Unlimited, infatti se le portò sul groppone per diverso tempo. Il trio della California rappresenta il lato più afrodisiaco del genere, e con questo terzo album “In Heat“, il Soul diventerà femminilità allo stato puro, all’acqua di rose, prendendo a braccetto molti stili, che andranno a toccare perfino l’Opera per certi aspetti. Il sax in Share A Little Love In Your Heart è da ascoltare almeno una volta alla settimana.

The Supremes – Right On (1970)

Dopo aver parlato di Diana Ross non poteva mancare il suo gruppo d’esordio, le The Supremes, le figlie della Motown Records. Tra la miriade di dischi che hanno inciso noi scegliamo “Right On“, ma la scelta non è casuale. Questo lavoro è un vero e proprio esperimento, un tipo di Soul che prende le visioni della Doo – Woop una corrente R&B inventata negli anni quaranta negli stati di Pittsburgh, Baltimora, Detroit e Washington DC. Un lavoro che si sofferma su pause musicali brevi fatte con poca o nessuna strumentazione, per poi ripartire di sobbalzo con le performance vocali delle artiste. Un esperimento riuscitissimo e che si porta dietro brani stupendi come Up The Ladder To The Roof e Then We Can Try Again.

Aretha Franklin – Lady Soul (1968)

Lei, la regina! Non può non esserci nella nostra classifica Aretha Franklin, la cosiddetta madre natura di tutta la Black Music. 21 Grammy Awards, milioni e milioni dischi venduti, collaborazioni infinite e in più un film dedicato, “Respect”, uscito nel 2021. Aretha è il volto più famoso non solo del Soul, ma anche di altrettanti generi musicali arrivati sia prima che dopo. Aretha, spinta dal padre, inizierà il suo percorso affacciandosi alla musica religiosa, ed è da lì che svilupperà quella che sarà la voce più potente del popolo afroamericano. “Lady Soul“, titolo conferito dalla Atlantic Records e dalla stampa, rappresenta al meglio non solo le doti canore che possiede la vocalist nella decade 60s, ma in questo album vi si trova un retrogusto appena accennato di country, che porta il disco a spopolare anche nel Sud degli Stati Uniti.

Al Green – I’m Still in Love with You (1972)

Al Green viene considerato il principe del falsetto nel Soul, piantandosi direttamente in quello che viene chiamato Southern Soul, una interpretazione più vivace del genere e che spesso attinge dalla pista da ballo. “I’m Still in Love with You“, ma anche i due dischi successivi, sono i lavori meglio prodotti nel comparto strumentale, ma l’elemento chiave di questo lavoro in particolare sono i cori femminili, che donano intrecci melodici raffinati e affascinanti. La carriera di Al Green prenderà una svolta verso la metà degli anni 70 tramite una vicissitudine sentimentale. La sua fidanzata di allora, presa da un momento di gelosia, lo ustionerà al busto con del latte e cereali bollenti, qualche tempo dopo questa ragazza si suiciderà. Al Green, scioccato da quell’evento, troverà conforto nella religione, virando verso ciò che sarà una delle principali trasformazioni del Soul, ovvero il Gospel, diventando per altro pastore e dirigendo i cori della chiesa.

Donny Hathaway – Extension of a Man (1973)

Donny Hathaway e l’artista più tumultuoso e irrequieto che possiamo trovare nella Black Music. Se nel Soul si trovano tante storie come la speranza, la redenzione e la gioia di vivere, nel suo caso invece avviene tutto il contrario. Una parabola discendente alla quale tutti quanti assisteremmo avviliti. Artista di Chicago, che incide per la Twilight Records, molto prolifico e già consapevole delle proprie sonorità, spigliato sia nelle orchestrazioni che nelle tastiere. “Extension Of A Man“, del 1973, segnerà successivamente un tragico epilogo per l’artista, portandolo ad amplificare ancor di più il suo stato di depressione e la sua malattia psicologica, la schizofrenia paranoide. Mesi disperati al seguito dei quali si arriverà all’umiliante condizione per la quale Donny si sentirà perseguitato da persone che, a detta sua, lo vorranno rapire per collegargli il cervello ad un macchinario e rubargli il talento musicale. La sua vita finirà qualche anno dopo, a 33 anni, gettandosi dal quindicesimo piano di un hotel a Manhattan. “Extension Of A Man” risulterà quasi il testamento di Donny Hathaway, una musica così intima che a tratti risulterà toccante.

Barry White – Stone Gon’ (1973)

La vita di Barry White è stata tutto meno che facile. Nato nel peggior quartiere di Los Angeles, tra criminalità e gang, dovrà trovare dei compromessi, ritrovandosi alla fine inghiottito. Infatti, all’età di 15 anni verrà arrestato per aver rubato un carico di pneumatici a delle Cadillac. Uscito da quella vicenda inizierà come produttore musicale, ma l’esordio arriverà con “Stone Gon’” del 1973. Barry White rappresenta la parte più sexy della musica Soul, e con la sua tipica voce baritona segnerà uno dei cantati più importanti e iconici del genere. Leggenda vuole che al primissimo concerto di Barry White dieci donne in prima fila siano svenute di colpo e portate al pronto soccorso al solo ascolto della prima nota cantata nel ritornello di una sua canzone. Questa canzone non è altro che Never, Never Gonna Give Ya Up, forse il brano più celebre del vocalist, che poi si regalerà un’ottima carriera nella successiva Disco Music. “Stone Gon’” è un disco soft, pieno di confessioni d’amore, un album studiato nei minimi particolari per far innamorare le donne.

Minnie Riperton – Perfect Angel (1974)

Con Minnie Riperton troviamo uno dei casi vocali più singolari della musica in generale. Questo perché lei è sempre stata nota per la sua voce di quattro ottave e mezzo, una particolarità per la quale la sua abilità canora era quella di rientrare nelle note del “registro del fischio”. Che cosa vuole dire questo? – il “registro del fischio” è un’unità di misura tonale che raggiunge un situazione vocale ancora più acuta dell’estensione umana. Con “Perfect Angel” troviamo tutto questo, un disco scritto a due mani con Stevie Wonder e che porta nel mondo non solo del Soul, ma della musica tutta, un album in cui voce e musica sono allo stesso livello di bellezza. Brani stupendi come Reasons, See You This Way e Lovin’ You la porteranno a ricevere la prima posizione in tutte le classifiche di genere, vincendo istantaneamente un disco d’oro. Morirà cinque anni dopo ancora molto giovane, di cancro, lasciando nel mondo del musica una delle perdite più tristi. Un’artista che ancora aveva molto da dire e da vincere.

Stevie Wonder – Innervisions (1973)

Ed eccoci qua con lui, Stevie Wonder, l’artista che da essere umano diventa Dio. Anche questo album, come abbiamo potuto vedere nelle precedenti storie, è frutto di un evento che segnò la vita di Wonder, cioè un grave incidente stradale. Prima in coma, poi risvegliatosi, successivamente la perdita dell’olfatto che sembrava permanente e che poi ha riacquisito e poi tanti dolori che lo portarono a mettere in dubbio la sua carriera artistica. In tutto questo non dimentichiamoci che c’è anche il peso della cecità che si porta dietro dalla nascita, oppure l’essere cresciuto senza aver conosciuto il padre. Tutto questo mix lo porterà a reagire e a scrivere questo disco, “Innervisions“, la punta di diamante di tutta la musica Soul anni 70. Il primo disco della storia ad essere stato registrato nella modalità multitraccia e che vede la partecipazione di un solo musicista, ovvero, lo stesso Wonder ovviamente. Tutto completamente suonato da lui, cercando e trovando sconfinamenti in generi particolari come la bossa nova, come nella parte centrale di Golden Lady. Un disco che è stato in grado di cambiare il destino del suo creatore.

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