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Se il sogno diventa incubo: “Stupid Dream” dei Porcupine Tree compie 25 anni

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Hai ventidue anni e tutta la vita davanti. Cominci finalmente a intraprendere il tuo percorso per capire chi sei e per provare a realizzare i tuoi sogni. La realtà, però, ti pone davanti alcuni imprevisti difficili da affrontare. È una valanga improvvisa di delusioni, sentimenti feriti e contraddizioni percepite in ogni angolo. Ma tu non vuoi demordere, ce la metti tutta ed ogni tanto fai della musica il tuo rifugio sicuro. Cerchi anche nuovi generi da ascoltare e sei fortunato se ti capitano per caso, proprio in quel periodo, i Porcupine Tree con “Arriving Somewhere But Not Here”. Purtroppo anche la band britannica, fondata da Steven Wilson, ha dovuto adattare nel tempo il suo sogno ad una realtà molto amara: quella creata dai discografici.

Tutto è raccontato nel loro quinto album “Stupid Dream”, che oggi compie ben venticinque anni.

L’album è stato pubblicato insieme alla Kscope ed è il risultato di una decisione dei componenti della band molto sofferta. In sintesi, i Porcupine Tree in quegli anni diventano famosi in tutto il mondo, decidono di cambiare etichetta, che li convince poi ad avvicinarsi ad un genere molto lontano dal loro stile. Insomma, “Stupid Dream” è il loro primo lavoro con dettagli pop.

È il momento in cui il sogno di Steven Wilson diventa un incubo, grazie alla realtà musicale contemporanea. L’incubo in cui il gruppo non può più comporre seguendo solo la sua immediata ispirazione o le sue impeccabili improvvisazioni e sperimentazioni musicali.

La convinzione dei produttori è sempre la stessa: il successo è possibile se si compone musica che può piacere a tutti, se si riesce ad essere innovativi, unici e inconfondibili con un sound che si immerga comunque nel pop. Fortunatamente i nostri amati porcospini ci sono riusciti lo stesso! Hanno creato un album caratterizzato da un alternarsi complesso e lineare fra la melodia della chitarra acustica e parti orchestrali e psichedeliche.

“Stupid Dream” è un lavoro introspettivo, una critica diretta al mondo musicale attuale da parte di Wilson, un viaggio fra i suoi sogni del passato e la sua triste rassegnazione del presente. Il tutto si apre con gli archi e con la serenità di una dolce risata in Even Less, per poi entrare già nel pop con Piano Lessons. Dal secondo brano il tema già diventa più chiaro: un bambino che sogna di diventare un grande musicista partendo dal primo strumento, per poi essere deluso da adulto. L’artista comincia a comunicare il suo pensiero con versi come “I didn’t want that kind of fame” oppure “I don’t act the way you want me to”, che troviamo in Pure Narcotic.

C’è anche la provocazione più forte in Slave Called Shiver, evidente soprattutto in “I’ll have more followers than Jesus Christ”. Successivamente i toni diventano più cupi, il tormento diventa più profondo e vi è un’atmosfera gotica, che si può intuire dalle ripetizioni di parole come “ghosts”, “rain” e “dark”. Le troviamo, ad esempio, in Stranger By The Minute, che con la sua base leggera pop si lega a Baby Dream In Cellophane. Sono presenti anche in una delle canzoni più intense e interessanti dell’album, Don’t Hate Me, che rapisce grazie alla presenza del traversoed il sax di Theo Travis. Qui si parla anche di solitudine, “I’m tired and I’m so alone”, come in A Smart Kid, in cui Wilson si immagina addirittura solo sul pianeta Terra. Le canzoni sono separate da brani totalmente strumentali, composti con basi orchestrali, suoni elettronici e qualche coro, come Stupid Dream e Tinto Brass. Infine, il lavoro si chiude con la dodicesima traccia, Stop Swimming, la triste rassegnazione conclusiva della band.

Comunque i Porcupine Tree hanno creato nel 1999 un grande capolavoro, che è stato amato ugualmente dai fan e che ha portato poi a “In Absentia”, uno degli album più celebri. Se non lo conoscete ancora, concedetevi un po’ di tempo per voi, prendete un paio di cuffie e buon ascolto!

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