Ascoltando “Emoterapia” si ha la netta sensazione che Rocco Triventi, in arte Trivo, possieda uno spirito irrequieto ed una personalità dagli ondivaghi contorni “border-line”.
In effetti le diciassette tracce che compongono questa sua prima opera musicale ci rovesciano addosso una netta e persistente sensazione di disagio che ci accompagnerà per tutto il viaggio, da compiere attraverso l’esplorazione di alcuni oscuri meandri del cervello umano.
“Emoterapia” dovrebbe essere un “concept album” dedicato all’intero percorso che si affronta quando ci si accorge di essere fragili e pertanto dovrebbe racchiudere in sè anche le fasi “ascendenti” della cura, della risalita e della luce, ma alla fine si rivela essere un lavoro che si concentra soprattutto sulle fasi “buie” della psiche umana.
Trivo riversa in musica tutte le sue percezioni “scure”, senza curarsi troppo degli aspetti tecnici e musicali, e tutto ciò a lungo andare limita fortemente l’efficacia espressiva delle sue composizioni.
Tutte le tracce prendono le distanze dalla canonica “forma-canzone” e privilegiano nettamente l’aspetto emotivo rispetto a quello compositivo, senza porre la necessaria attenzione agli arrangiamenti o per esempio alla fase di editing, andando così a delinare contorni opachi o non del tutto definiti. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a bozzoli in piena formazione, che ancora non hanno deciso se rimanere bruchi o diventare farfalle.
D’altro canto fa piacere rimarcare come episodi quali “Ho Un Gatto Nel Cervello” e “Ho Bisogno Di Qualcosa Di Cui Non Ho Bisogno” possiedano ritornelli in grado di stamparsi con forte immediatezza nella mente. Questa è di sicuro una qualità che non tutti possiedono: un punto di partenza da valorizzare per poter “limare” con cura i tratti più indigesti di una personale quanto particolare “creatura” musicale.