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Pineda – Pineda

2011 - Deambula Records
rock/post/prog

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Tracklist

1. Give Me Some Well-dressed Reason
2. Domino
3. Human Behaviour
4. Touch Me
5. If God Exist, He's In The Deep
6. Lost In Your Arms While Outside In All The World, It's Raining
7. Twelve Universes

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Scrivi Pineda e leggi Moltheni verrebbe da dire. Vero, ma solo in parte.

E’ vero perché gli interpreti sono i medesimi, seppur ben mescolati. Umberto Gialdini, anima della band che fu, si accomoda dietro le pelli, suo antico amore. Marco Marzo Maracas, mente del progetto e vero appassionato di prog (vedesi i suoi Accordo dei Contrari), si dedica alla chitarra mentre Floriano Bocchino ci allieta con il suo piano rigorosamente Rhodes, e non è un dettaglio. Qui infatti iniziano le differenze con i Moltheni, in quanto l’atmosfera che si respira grazie ai novelli Pineda è una gustosa miscela di psycho-prog anni settanta, con tanta fusion e un po’ lounge nel mezzo.  Tortoise, Emerson Lake and Palmer, la passione comune per Doors e Jefferson Airplane. Riferimenti scontati ma quasi obbligatori per una corretta esegesi del progetto Pineda. Giardini, che non ha mai nascosto il suo malcontento per il moderno evolversi della società e la contemporanea disaffezione tutta italica verso la musica di qualità, si avventura in un prospetto ambizioso. Raffinato sì ma rischioso. Per questo (o forse anche per questo) i nostri hanno deciso che la musica dei Pineda è, e resterà, rigorosamente strumentale. Ma il messaggio dei Pineda perviene comunque, forte e chiaro, sotto forma di elegantissime composizioni.
Sei tracce, quaranta minuti scarsi. Le intenzioni sono ottime, come detto, e il risultato è apprezzabile, mai eccessivo e sempre garbato. Su tutte spicca la bellissima “Domino”, con i suoi tanti volti, retta da incantevoli melodie di piano e marcata da un alone misterioso assai conturbante. Manifeste reminiscenze del passato nella dura “Touch me”, ove si odono echi dei King Crimson di Red, e nella dilatata “If god exist”, tipico crescendo atmosferico di Pinkfloydiana memoria. Il resto è un omogeneo e delicato impasto delle influenze citate, eppure udendo attentamente si scorge, neppure troppo lontana, la malinconica anima dei Moltheni, saggiamente riadornata. Tutto torna.

“Pineda”, disco omonimo, è registrato da Antonio Cupertino alle ormai celeberrime Officine Meccaniche di Mauro Pagani per la Deambula Records. Giardini e soci (o forse dovremmo dire Marco Marzo Maracas e soci) ci regalano (o meglio si regalano) un disco pregevole, forse non innovativo né sbalorditivo, ma certamente godibile, con una sfavillante vena al contempo retrò e moderna, antica ma familiare. L’opera prima del trio bolognese fluisce bene, finanche eccessivamente pretenziosa in alcuni passaggi, ma in fondo i nostri sono sempre stati (un po’) deliziosamente snob e la classe, di sicuro, non gli fa difetto. Promossi a pieni voti ma, per ora senza lode. Per la lode li aspettiamo on stage ? Le premesse ci sono tutte.

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