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Interviste

Intervista ai VERILY SO

Lo sguardo che si perde nella polvere alzata dai piccoli tornado di vento che scompigliano la tranquillità di quelle tipiche ghost town americane, dove vecchie case di legno dormono abbandonate nascondendo chissà quali storie e vite passate, l’udito è sordo ed incapace di cogliere rumori. I livornesi di Cecina, Verily So con le canzoni del loro debutto saprebbero infrangere quel silenzio creando un connubio musica-luogo perfetto.

A cura di Enzo Curelli

La prima cosa che mi preme sottolineare è quanto, quasi tutte le recensioni che ho letto su di voi , sottolineassero il fatto o meglio si domandassero se la vostra provenienza fosse proprio l’Italia. Ora ho la possibilità di chiedervelo di persona…siete italiani(o alieni?)?
Siamo italiani di provincia.

Appurato che siete italiani(…di provincia), riuscite a collocarvi in qualche modo e da qualche parte, nella scena musicale italiana?
Ai margini, come tutte le band medio piccole a cui vengono proposti concerti in ristoranti e pub. In Italia vanno, se non si fosse capito, i raccomandati, le cover band e le vecchie glorie.

Ho notato come anche in Italia, in questi anni, vi sia una riscoperta del folk di matrice americana(anche se le vostre influenze sono più ampie e varie), come vi spiegate questo fenomeno?
Secondo me è l’ultimo straccio di sogno americano, quello senza glitter, quello della gente di strada che canta. E’ lo spiritual contemporaneo, di quelli cresciuti con l’elettricità.
E’ semplice e possono farlo tutti. E’ il folk del dopo bomba, anche se la bomba come la immaginavamo non c’è stata, ce n’è stata una diversa, subdola.

Sinceramente… vi aspettavate un coro così unanime di pareri positivi verso il vostro nuovo disco?
Sinceramente siamo già stupiti che ci siano stati dei pareri! Internet ha aiutato enormemente ad azzerare la distanza tra noi e chi scrive, è stato un periodo veramente bello.

Quanta acqua è passata sotto il ponte che vi ha condotto dal primo lavoro “Just a Demo” al secondo omonimo di quest’anno?
Luca si è unito a me e Marialaura e siamo diventati una band a tutti gli effetti. Abbiamo iniziato a scrivere i pezzi insieme, ad arrangiarli come trio, con la batteria minimale e le chitarre sporche. Abbiamo suonato tanto insieme.

Il vostro album mi ha sedotto al primo ascolto(così è successo anche a tutti quelli a cui ho sottoposto l’ascolto fino ad ora). Catturato da qualcosa di magico ed attraente a cui non riesco (ancora) dare una spiegazione. Voi avete qualcosa da suggerirmi?
Io direi la voce di Mari, che ha stregato anche me e Luca dal primo giorno, così profonda anche quando sussurra. Poi c’è l’esperienza ultradecennale, gli ascolti più svariati, la passione e l’idea che la musica non possa essere un lavoro o un mezzo, ma che sia un fine.

Ordinary Minds è una canzone stupenda, come è nata…e quali sono le vostre maggiori fonti di ispirazione per i testi?
Quando Mari mi ha fatto sentire la canzone la prima volta mi ha detto: le note sono le mie, il testo, come al solito, è pessimista. Verissimo! L’abbiamo ravvivata e ritmata con l’arrangiamento. E’ bello che sia un pezzo che faccia muovere e che nel contempo descriva bene la vita qui, nella terra delle menti ordinarie. E’ una fotografia. Credo che il tempo, la realtà e i ricordi siano la nostra fonte d’ispirazione maggiore.

Nei duetti come quello di Ballad c’è chi vi paragona ad una versione aggiornata della coppia Cash/June Carter, io vi ho intravisto più Lanegan/Campbell. Preferite il passato o il presente?
A me piacciono entrambe le coppie, registrando quel pezzo ci sentivamo più Celentano e Claudia Mori, è il pezzo che credevamo venisse più criticato, è stata una sorpresa sapere che c’è chi ha gradito!

Il fatto di essere tutti polistrumentisti e cantanti, agevola in qualche modo il vostro metodo di scrittura delle canzoni o lo complica?
Sicuramente agevola. Poi nessuno di noi è Beethoven e nemmeno Dave Grohl. Abbiamo suonato più strumenti per bisogno.

Quali sono le vostre esperienze musicali passate individuali e cosa vi ha fatto incontrare ed unire nei Verily So(…e il perchè del nome…)?
Un giorno vidi una foto che mi affascinò molto, chiamata appunto Verily So. Il nome viene dall’inglese arcaico, biblico, e vuol dire “in verità è così”. E’ il manifesto di come suoniamo, senza sovrastrutture, dress code, limiti musicali. Suoniamo quello che ci piace come ci piace. Questa esigenza è quello che ci ha unito.

Ci sono (almeno) tre punti fermi nella vostra musica e nel modo di intendere l’arte musicale a cui non rinuncereste per nessun motivo al mondo?
Ti direi i nostri tre nomi, non posso pensare a questo progetto se ne venisse a mancare un pezzo. Tanto per il resto siamo 3 teste dure, vogliamo fare le cose a modo nostro di default!

Doveste scegliere di emigrare per musica in Inghilterra o negli Stati Uniti…Quale paese scegliereste e perchè?
E se ti dicessi Irlanda e Canada? Meno scene, più gente genuina.

I tre dischi da isola deserta o meglio da ascoltare in “tour”?
The Suburbs degli Arcade Fire è un capolavoro moderno. Anche Secret name dei Low. Anche In the future dei Black Mountain. Per dire i 3 contemporanei che abbiamo ascoltato di più insieme.

Il vostro imminente futuro l’avete già pianificato? Un eventuale grande successo cambierebbe qualcosa nei vostri piani?
Giusto oggi parlavo con una collega di band medio/piccola. Mi chiedeva se dopo il “disco della settimana” di Rockit le agenzie di booking si fossero fatte sentire.
Niente. Non mi aspetto un grande successo, però è un bel momento e me lo godo finchè dura. La musica è il fine.

www.facebook.com/verilyso

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=m-FyIHuGG-Q[/youtube]

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