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Red Hot Chili Peppers – I’m With You

2011 - Warner
funky/pop/rock

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Tracklist

1.Monarchy Of Roses
2.Factory Of Faith
3.Brendan's Death Song
4.Ethiopia
5.Annie Wants A Baby
6.Look Around
7.The Adventures Of Rain Dance Maggie
8.Did I Let You Know
9.Goodbye Hooray
10.Happiness Loves Company
11.Police Station
12.Even You Brutus?
13.Meet Me At The Corner
14.Dance, Dance, Dance

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John Frusciante è uscito dal gruppo. Di nuovo. Ho provato e riprovato ad evitare questo incipit, ma proprio non ci riesco. Sembra che i RHCP abbiano sviluppato una difficoltà cronica a trattenere, o per lo meno conservare, il chitarrista per più di un anno. E così l’ultimo lavoro della band di Los Angeles è sguarnito del supporto di Frusciante, sostituto da Josh Klinghoffer che a dispetto dell’aspetto da collegiale mingherlino tutto pettine e sapone, si difende bene. Ma intendiamoci; non basta e nonostante ciò, affermare che con Frusciante I’m With You sarebbe stato un lavoro migliore, resta un azzardo.

I’m With You, dispiace dirlo, è un album insipido che lascia intravedere qua e là sprazzi del vecchio funky alla Red Hot dei tempi d’oro, per poi assottigliarsi su un piano sonoro informe quanto soft. Riff svogliati, ritornelli poco pieni e la voce di Anthony Kiedis d,ecisamente scaduta rispetto ai precedenti lavori paragonabile a quella di un chierichetto sgolato. Quattordici canzoni, un’ora di musica e alla fine di tutto resta in testa un’unica lunghissima traccia.
Monarchy of Roses
è un incipit discreto, raffiche di chitarre e batteria che vengono tuttavia smorzate dai gioiosi cori che seguono. A detta del bassista Flea, il tema della vita e della morte sarebbe il filo conduttore dell’album e in effetti alcuni pezzi lo dimostrano come nel caso di Brendan’s Death Song, scritta per l’amico Bredan Mullen, morto nel 2009. Si passa poi a Factory of Faith, fra le tracce migliori dell’album, introdotta da un notevole giro di basso e sviluppata secondo un ritmo ibrido tra il funky didascalico e l’elettronica più dance. Da qui, l’album suona come una bibita sgasata; dalla traccia scelta, chissà perché, come singolo di lancio (The Adventures of Rain Dance Maggie) a Even You, Brutus?, la perdita di tono è costante e si ripropone costante lo stessa schema di costruzione delle canzoni: partenza in sordina e un po’ indecifrabile che fa salire l’attesa per i topici ritornelli da mugugnare in loop, ritornelli che dopo l’uscita di Stadium Arcadium suonano sempre più come replicanti di quel “Eeeeee ooooooo”. E’ il caso di Did I Let You Know, una curiosa divagazione verso le sonorità sudamericane con tanto innesti di trombe e chitarrine mariachi, che perde d’interesse proprio col cominciare del ritornello.

Tuttavia c’è un meccanismo psicologico inconscio che costringe la mente a salvare i Peppers. Sarà la loro aria sorniona, sarà quell’atteggiamento menefreghista senza essere strafottente, sarà che non si può non voler bene a chi ha saputo valorizzare il tanto snobbato calzino bianco, fatto sta che non si riesce a bocciarli.
Si aggiudicano la sufficienza, mossa dalla fiducia, dall’affetto e dall’ombra lunga (mai calate) del magnifico Californication.

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