Il pop ha un fascino spietato e meschino, soprattutto quando è donna. E il terzo disco di Annie Clark, in arte St. Vincent, è spietatamente bello, quando non semplicemente magnifico.
Direttamente da San Francisco, talentuosa polistrumentista, in passato immersa nell’hype straripante di Polyphonic Spree e Sufjan Stevens, bella, e non poteva essere altrimenti, St. Vincent chiude con “Strange Mercy” un’ipotetica trilogia iniziata egregiamente con i precedenti “Marry Me” e “Actor”, e conclusa ancor meglio con questa dimostrazione di talento luminoso e classe cristallina, di voglia e capacità di osare con un bagaglio tecnico e stilistico immenso nel riquadro glitteroso di un impianto pop messo in piedi a regola d’arte.
In un mare di strutture e sovrastrutture, fatte di synth, chitarre e puntualizzazioni elettroniche mai fini a se stesse, la Clark naviga con piena coscienza di sè e della sua voce spesso effettata, sempre e comunque al posto giusto e in grado di stupire, affascinare e, perchè no?, eccitare. Come in “Cruel”, disco-dance angelica che sembra fare amabilmente il verso a gran parte della produzione anni ’70, o in “Northern Lights”, cavalcata elettrica incredibilmente post-punk, o ancora nell’iniziale “Chloe In The Afternoon”, perfetto compito in classe di scuola Bjorkiana in un mix di asperità e dissonanze tra synth, chitarre e percussioni mitigate da una vocalità morbida e perfetta.
Ma non sono da meno neanche gli episodi più necessariamente rilassati dell’ensemble, vedasi ad esempio il pop à la Feist della chiusura “Year Of The Tiger”, l’implosione spirituale di “Champagne Of The Year” o l’equilibrismo rarefatto della title-track.
Quello che stupisce è la completezza e la compiutezza della ricerca sonora ed estetica di St. Vincent, sempre vincente e convincente nelle sue composizioni, sia quando braccano l’imprevedibile (“Hysterical Strength”), sia quando si adagiano su romanticherie e riflessività di sorta (“Cheerleader”).
“Strange Mercy” è forse il mezzo perfetto per divulgare un’idea di musica complessa, stratificata e raffinata nel modo più semplice e fruibile possibile, vestendo ad arte, ed è proprio il caso di dirlo, un gioiello di puro eclettismo pop.
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