Amo la musica, amo la moda. Detto questo, nel momento in cui le due cose si incontrano nella creazione di un album, questo connubio mi causa delle reazioni allergiche da siringa di adrenalina intramuscolare. Spiego: quando un gruppo affermatissimo, con un immaginario iper definito, che ha creato un proprio vocabolario musicale, si mette a fare il fashionista introducendo novità dal mondo della musica nel proprio lavoro, anche in maniera abbastanza superficiale e solo perché “butta bene”, di solito il risultato è una merda.
Algiers, sesto album dei Calexico, è un po’ un sunto fin troppo educato, di questo meccanismo malato di “fare le marchette”. Chiaro, l’album non è TOTALMENTE una merda, ma non è neanche paragonabile ai lavori passati e l’impronta mariachi tipica del gruppo è stata sacrificata in nome di riff più sciocchini e catchy che a me, personalmente, hanno fatto venire una gran voglia di guardare video di gente che che si fa male. L’atmosfera da chitarre/sigari/sole e mood latin-rock, a cui ci avevano abituati, la si ritrova in alcune tracce ma sempre molto latente, se non quasi timida. Globalmente Algiers sembra perdere un po’ di profondità e di carattere, rimanendo comunque un album discretamente ascoltabile. Sinner in The Sea, forse il pezzo più back to the roots, dà una botta al ritmo del disco, altrimenti molto pacato.
Sia chiaro: questo atteggiamento critico è dovuto principalmente al fatto che loro sono i Calexico. Esempio: se mi abitui alla villa con vista sull’oceano, poi in una multiproprietà sulla riviera romagnola io non ci voglio passare le vacanze.
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