Vostok fu il primo programma spaziale sovietico che riuscì, per la prima volta nella storia, a portare un uomo nello spazio. Era il 12 aprile 1961, e il cosmonauta Jurij Gagarin divenne, a bordo della navicella Vostok 1, il primo essere umano a orbitare intorno alla Terra. E proprio nella polisemia della parola “spazio” sta molto del senso/significato artistico dei Vostok, brillante realtà musicale tutta italiana (Brindisi), gravitante attorno alla scena ethereal neofolk, darkwave, jazz.
Il gruppo composto da Giuseppe Argentiero (chitarra) e Mina Carlucci (voce), ai quali si aggiugono numerosi altri strumentisti (di cui si può leggere in dettaglio nel loro curatissimo spazio web), è, personalmente, un’autentica scoperta, che profuma di bellezza come solo la primavera, per parafrasare Fenoglio, e mi riporta alla mente gli episodi migliori di Corde Oblique, La Blanche Alchimie e ultimi Anathema, tanto per citare qualche nome noto ai più.
La manciata di brani che compone “Lo Spazio Dell’Assenza” traduce in musica un enorme caleidoscopio di emozioni, suoni e colori, in un dinamico alternarsi di pieni e vuoti, accumuli e rilasci di tensioni drammatiche e narrative, che i Vostok imbastiscono e arricchiscono con rara sensibilità. Oltre il di per se ottimo nucleo fondante di arpeggi acustici ed eteree melodie vocali, che hanno in Giuseppe e Mina due interpreti di primordine, sono infatti gli arrangiamenti a fare la differenza, proponendo vivaci e improvvisi scorci jazzati (“I Tuoi Occhi”), armonie neoclassiche (“Come Marea”) e semplici ma intensi momenti folk (“Le Néant Scintillant”).
Ogni composizione fa in realtà storia a se, raccontando un frammento di vita, infinitamente ricco di sfumature, che va per forza di cose vissuto, piuttosto che semplicemente ascoltato. Ottimamente registrato & mixato presso i Last Floor Studio di Brindisi da Francesco Barletta, “Lo Spazio Dell’Assenza” è una delle uscite più interessanti e sorprendenti che mi sia capitato di incontrare di recente, nel panorama indipendente, italiano e non solo, spazio (termine davvero ricorrente, in questa sede) nel quale i Vostok hanno dato prova di sapersi muovere con la stessa leggerezza ed eterea delicatezza di un astronauta nel cosmo musicale.