Da un’amicizia a distanza (Italia vs Stati Uniti d’America) mantenuta viva grazie alla comune passione per la musica, alle ferie estive e con l’essenziale supporto della tecnologia nasce questo “Heartburn”, perfetta colonna sonora per i polizieschi americani, quelli con lo sbirro cazzuto e tendenzialmente figo, non uno stinco di santo ma sotto sotto dotato di cuore ed accessori.
E le 10 tracce sono altrettante inquadrature di questo mondo: la macchina della pula che saltella sulle dune di San Francisco, l’appostamento notturno con il bicchierone di caffè sul cruscotto, i malviventi in fuga sulla cabrio circondati dal deserto e null’altro, il coroner strano ed inquietante quasi quanto un serial killer.
Il tutto senza lo spreco di una sola parola e con un’eterogeneità sonora davvero sorprendente e frutto di un sound pulsante e che tocca il funk, il blues, l’industrial ed il rock più classico, supportato poi da sempre ben dosate iniezioni di un’elettronica mai invasiva né prevaricante ma votata unicamente ad accentuare e vivacizzare un groove di sottofondo, sempre pastoso e marcato.
Dietro a questo lavoro non ci sono intellettualismi d’essai né tanto meno sperimentalismi contorti e snob, ma solamente tanta passione per queste sonorità tipicamente cinematografiche. E tale semplicità fa sì che ogni pezzo suoni bene fin da subito, con le tracce che scorrono via che è un piacere ma mai in maniera banale né da puro sottofondo. Una produzione ai limiti della maniacalità permette poi a “Heartburn”, album costruito in studio nell’arco di un anno sovrapponendo di volta in volta musiche e musici, di suonare coeso e compatto come se la formazione fosse realmente schierata al gran completo in studio.
Bene! Davvero un bel progetto.
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