Doveva accadere, presto o tardi, che le anime deliranti di Thurston Moore e John Zorn si ritrovassero in una stanza a far dell’improvvisazione un unico blocco di antimateria musicale.
E così ci siamo arrivati. “@” è il risultato dell’incrociarsi delle loro menti e dei loro strumenti. Chitarra e sassofono da anni devastati dal perpetuo sperimentare dei due newyorkesi ci hanno accompagnati qui nella terra di nessuno, in un vuoto pneumatico riempito con una naturalezza impensabile di note e non-note, di musica e della sua antitesi più estrema. Estremisti, questo sono Moore e Zorn. Antiesteti ora minimalisti ora strabordanti come fiumi zeppi di ferraglia scrosciante. E questo troviamo nei cinquanta minuti del disco. La testa noise dell’uno (chi?) e il sangue jazz dell’altro (quale?) s’intrecciano in un concatenarsi di futurismo cosmico, lunatismi melodici e digressioni elettrificate, marziani fraseggi be-bop, incanti sensuali ibridati a insanità incorporee (“Her Sheets” gioiello opaco), con i polmoni incastrati tra Ornette Coleman e John Coltrane e l’anima divorata da La Monte Young diventato compagno di banco di Glenn Branca, sussulti e sospiri rugginosi, tensione jazzistica insostenibile schiacciata da stridenti silenzi ferali (soffrire su “Strange Neighbor” non è così difficile). E ancora per ogni brano un minutaggio che stronca. E ancora una classe che devasta.
Per usare le parole di un altro gruppo di loro concittadini niente male: “Make some noise if you’re with me”.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=2clQWMUSnY8[/youtube]