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L’Inverno Della Civetta – L’Inverno Della Civetta

2014 - Taxi Driver / Dreamingorilla Records
rock/alternative

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Tracklist

1. Territori del Nord Ovest
2. Amaro
3. Morgengruss
4. Bantoriak
5. Messaterra
6. Chewbacca on surf
7. Numero 7
8. Estonia
9. Crisaore
10. The Shivering tree

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Genova ha un cuore tanto caldo da far evaporare tutta l’acqua. Non si vede ad un palmo dal naso. Solo un faro a guidarci. Non emette luce. Solo suoni. “Solo”. E tutto gira intorno alla civetta. Non fa nemmeno più freddo.
Così Mattia Cominotto fonde assieme la nebbia e il rapace sotto il nome Greenfog Studio. Negli anni accoglie in questo porto musicisti che navigano secondo una rotta ben precisa raccogliendone le gesta, imprimendole in solchi per sempre. Tra tutti questi naviganti quelli liguri si riuniscono ora in una sola ciurma, per poco, per una missione soltanto, estemporanea, se volete, fugace e talvolta altalenante, ma di un’intensità unica. Pur provenendo dalle realtà più disparate (Meganoidi, Mope, Od Fulmine, Isaak, Gli Altri, Eremite, Bosio, Kramers, Numero 6, Demetra Sine Die, Giei, The Washing Machine, Madame Blague, Lilium, Merckx) si muovono verso un unico risultato: un disco che racchiuda tutto il potenziale di una scena in crescita ed espansione.

E da questo desiderio nasce “L’Inverno Della Civetta”. Un viaggio che si compie sotto i vessilli di Taxi Driver Records e DreaminGorilla Records, due etichette (liguri anch’esse) che negli ultimi anni hanno raccolto sotto la propria egida queste curiose creature. Il viaggio non è cosa facile. Si parte con l’epica disperazione elettrica in tempi medi di “Territori del Nord Ovest”, che tende i nervi all’estremo sferzata da voci ora sussurrate ora sanguinanti, e si prosegue con le urgenze nervose di “Amaro” e “Crisaore”, che urticano e strappano la pelle, tanto quanto costringe al dolore la violenta assenza verbale di “Bantoriak”, ipnotico stomp carezzato da un tessuto melodico di seta sporca di sangue, come una calda brezza dagli effetti psicotropi, effetti che ritornano prepotenti nel viaggio allucinante di “Estonia”, le cui trame tooliane annientano l’essere, o lo cullano tra i flussi dell’incubo, creando un tappeto di oscurità alle parole dello Scrittore, personaggio del film “Stalker” di Andreij Tarkovskij, tanto psicotico da poter figurare senza problemi nella colonna sonora originale della pellicola. Il mio viaggio di piacere si infrange su “Messaterra”, con i suoi movimenti roots e l’impianto simil-Morriconiano che non mi danno piacere alcuno, come un elemento che non dovrebbe essere lì dove invece lo troviamo, così come i saltelli psycheggianti a memoria Claypool di “Numero 7”, mentre il calor bianco di “Savona” inframezzato da un canto della sirena incastrato tra arpeggi e groove riporta la rotta sul “giusto” percorso.

Questo inverno è un’altalena che da le vertigini, si va tanto giù quanto si viene lanciati in uno spazio articolato e popolato da melodie figlie del mostro. Un esperimento, un manifesto, un urlo e un sussurro per dire che siamo ancora vivi. Che l’arte respira. E si sente.

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