Ha fatto passare cinque anni prima di rilasciare questo lavoro, che non si può esattamente definire “disco”: è un viaggio, un racconto, un’avventura divisa in sei tracce per comodità d’ascolto. Però non è che ve ne si può consigliare una in particolare, staccata dalle altre, tanto più che l’anticipazione già diffusa in rete è Tanca, l’inizio del percorso.
È un qualcosa che si scinde da tutto il resto, è un esperimento fatto di beat e testi, di tanti suoni mescolati e sovrapposti (cosa che forse da IOSONOUNCANE non ci si aspettava nemmeno ma le aspettative, con artisti di questo genere, non contano nulla).
Parte oscuro, nell’ambiente oppresso che è Tanca, e comincia a sgranare i suoi testi visionari e suggestivi senza risparmiarsi nulla. Poi cambia, recupera ritmo, inserisce passaggi solari, si rilassa e ricade nel baratro, facendo tornare suoni cupi e paesaggi al confine tra l’ecletticità e la schizofrenia. Rimangono sempre i testi, pura poesia impossibile da comprendere al primo passaggio, che suggeriscono invece di spiegare (come siamo abituati), paranoici e sognatori.
Mandria conclude riassumendo e reinterpretando, si riduce ad apoteosi ed unione di tutto e dà da sola l’idea di quanto sia possibile vivere la musica al di là degli schemi preconosciuti: IOSONOUNCANE ha in sé qualcosa di geniale, qualcosa di talmente nuovo da spaventare (all’inizio). Andrebbe messo su un piedistallo a parte, se non fosse che si correrebbe il rischio di uniformarlo al resto della musica italiana.