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Peste Noire – La Chaise-Dyable

2015 - La Mesnie Herlequine
black metal

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Tracklist

1. Avant Le Putsch
2. Le Dernier Putsch
3. Payés Sur La Bête
4. Le Diable Existe
5. A La Chaise-Dyable
6. Quand Je Bois Du Vin
7. Dans Ma Nuit

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E chi l’avrebbe mai detto che entro qualche mese saremmo stati di nuovo qui a parlare di un gruppo controverso? Ah che dite? Sono quello che ha già recensito Burzum? Ah, giusto, allora direi che mi qualifico automaticamente per parlare dei “nazional-anarchisti” francesi fino a-la-moelle Peste Noire.

Il progetto di Famine sembrava aver preso una piega ben precisa grazie all’ottimo L’Ordure a l’état Pur, un lavoro drogato di industriale, metal generico e una tinta black medievaleggiante sparsa. In realtà poi così non è stato, come ha ben dimostrato il lavoro self titled del 2013, che all’epoca interpretai come una transizione verso la definizione di un sound che potesse rimanere stabile per più di sei mesi. In effetti così è stato, quel che mi era sfuggito è che la scelta fosse già stato fatta dal nostro caro amico, visto che La Chaise-Dyable si discosta pochissimo da quanto ascoltato un paio d’anni fa, tanto che la prima parte sembra composta da avanzi della stessa sessione.

Dopo l’immancabile intro con il protagonista che sta lì in finestra a masturbarsi e a fantasticare di uno stato perfetto, Le Dernier Putsch parte galoppando con i soliti riff cadenti, blast beat e strofe a violenza media condite da liriche velenose: “Peste Noire, il gruppo che combatte il mondo moderno, guariremo il tecnocrate e i plutocrati a forza di botte”. La sezione dove Famine porta avanti il basso accompagnandolo fischiettando è probabilmente il momento migliore, il resto è classico Peste, bastano dieci secondi per riconoscerne lo stile.
Payés sur la bête continua su un percorso simile, alternando i riff e Famine che strillacchia contro l’Europa; chiaro che il lato più intrigante dei Peste sono molto spesso i testi scritti in un francese che alterna raffinatezza e argomenti pecorecci con un’eleganza invidiabile. Qui fa la sua breve comparsa pure Audrey, ormai ospite fissa nei dischi di Famine (saranno fidanzati? Pettegolezzi black metal qui su rieduchescional ciannel!) a regalarci un po’ di virtuosismi vocali. Le Diable existe è il momento particolarmente elaborato del disco, divisa in quattro parti con argomenti d’ispirazione Miltoniana mescolati alle solite ruminazioni politiche di Famine, avanza in maniera militaresca e sicura fino all’ultimo atto che con quella ripetizione ossessiva del titolo finisce per urtarmi assai.
Il pezzo che più si discosta dal seminato è indubbiamente il singolo A La Chaise-Dyable, vero e proprio folk metal tremendamente amareggiato, con un riff che riesce perfino a rimanerti in testa e Famine che vaga malinconicamente tra i paesetti della Francia “dove il cimitero è più grande del paese e i monumenti ai morti contano più nomi degli abitanti”, rimuginando sul passato e avanzando barcollando come un Baudelaire che abbia letto troppo Bukowski. E’ davvero un’ottima dimostrazione che quando il pelato francese smette di voler fare il teatrale a tutti i costi e si concentra sui propri sentimenti è un cantastorie tremendamente efficace, peccato davvero che rimanga un episodio isolato.
La conclusiva Dans ma nuit pure minaccia di avvicinarsi agli stessi livelli, ma finisce per girare un po’ troppo a vuoto intorno a vocalizzi da strega atrofizzata , anche se quando comincia a prendere ritmo e fuoco allora è difficile resistere alla malinconia incazzosa di Famine.

Insomma, La Chaise-Dyable avrebbe funzionato magnificamente come un EP, 45 minuti di album risultano fin troppo lunghi, non aggiungendo nulla per cui valga la pena eccitarsi nella discografia del nostro. I fans se lo ingoieranno in un paio di giorni, chi non lo sopporta resterà della sua idea ben precisa.

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