Ridendo (ben poco) e scherzando (molto più di quanto si creda) i Clutch con “Psychic Warfare” arrivano al loro undicesimo disco, e lo fanno senza perdere un’oncia di lerciume e voglia di bastonare in allegria l’ascoltatore ormai non più ignaro.
Forieri dello psych rock più lisergico all’inizio, mentori di roboanti sferzate (very very) hard stoner da metà duemila in poi si presentano nel 2015 con un sontuoso ritorno alle origini. Non le PROPRIE origini bensì quelle del genere in cui sguazzano dal 1993. Un percorso iniziato, in qualche modo, già dal pesantissimo “Blast Tyrant” del 2004 ma che ora trova piena luce in queste dodici deflagrazioni sonore. Ci troviamo dunque ad avere a che fare con sberloni rock’n’roll tiratissimi (la tagliente “X-Ray Vision” in cui l’istrionica lingua di Neil Fallon ci dona il racconto di un soldato dormiente il cui compito viene interrotto in qualche modo dai coniugi Reagan, la rocciosa e sleazy “Firebirds” o l’ancor più stronza “Sucker For The Witch”), blues roventi e coperti dalla polvere del deserto (la violenza in tempi medi di “A Quick Death In Texas”, il classico clutchianesimo di “Decapitation Blues”), bollenti infilate funk (splendida la fuzzante danza di “Your Love Is Incarceration”), allucinanti cavalcate di pressante e compresso stoner-rock (il racconto epico di “Behold The Colossus” ci parla di ciclopi, gargoyles, e mostri di varia altra natura) fino a viaggi lisergici degni del miglior Jerry Garcia (i sette minuti di visioni, storia e cemento di “Son Of Virginia”).
Ecco, forse i quattro del Maryland non ci danno dentro come nel precedente “Earth Rocker”, ma rimangono incazzati a sufficienza per bruciare ancora un po’ di strada al loro passaggio perché, più che psichica, questa guerra sembra proprio più che reale.