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Glyn Bigga Bush – Sunken Foal Stories

2018 - Schamoni Musik / Lion Head Rec.
elettronica / kraut / sperimentale

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Tracklist

  1. Stories
  2. Cairo Wonk
  3. Ballache Mansions
  4. Jazz Pact
  5. Feelin Dank
  6. Industrial Giant Color
  7. Theme From The Tincleton Now
  8. Man Next Door
  9. Now there's pain
  10. Art Slab
  11. Teahead of time
  12. Western monk
  13. Carnaby st caper
  14. Gongs2go
  15. Turnintuit
  16. Bontempi
  17. Speltre Flecks
  18. Kitten Kindred
  19. Zvuk Poisk
  20. Cimbolism
  21. Baked Tapes

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Se avete presente il gruppo Magic Drum Orchestra, allora forse potete avere presente chi sia Glyn Bush. Nel caso non lo sapeste, beh, non avete bisogno di tornare troppo indietro nel tempo. Basterà che vi ascoltiate quest’ultimo “Sunken Foal Stories“. Un concentrato di loop, ispirato dal suono degli storici Faust.

L’album colleziona 21 tracce, concise, rapide, che dicono tutto quello che deve dire in un minuto o due. Questa struttura segmenta il disco in due tranche da 15 minuti l’uno. Bush esplora vari elementi casuali creando sovrapposizioni di samples, dei più disparati dove la psichedelia si scontra con violini classici, o una canzone folk spettrale viene looppata con cadenze che la stiracchiano, la modificano. Varie voci fluttuano negli altoparlanti, poeti perduti, terapisti inquietanti, vasmpiri sognanti, cantanti da cabaret distoirti. Insomma, il distopico in formato audio è ben rappresentato proprio in questa miscellanea di miscugli. Ci si muove spostandoci da suoni esotici per passare a beatbox primitivi, tutte cose estrapolate da vinili o cassette o altro, trovati durante le sue vacanze, casualmente.

Questo disco rappresenta per Bigga Bush una svolta, o almeno, il personalissimo tributo ritmico all’evoluzione della musica nata da cut up di registrazioni. Chiaramente, non solo ritmico. L’atmosfera che regna è quasi stregata, nostalgica, quasi come le invenzioni di Leyland Kirby e del suo progetto The Caretaker, ma qui siamo oltre: si mescola l’hot jazz con monologhi in reverse in puro stile “garmonbozia” (Zvuk Poisk o Western Monk), spot, spezzoni tribali (Turnintuit), percussioni basiche (Jazz Pact), atmosfere à la Duke Ellington (Cairo Wonk), walzer grotteschi (Bontempi) in un gioco caleidoscopico a tinte scure.

Dopo anni di silenzio, il Nostro ha avuto modo di ritrovare la sua strada, di inventarsela nuovamente, come il Pollicino di se stesso, raccoglie briciole, le confonde e ripercorre i propri vissuti. Questo disco è la prova che tutto scorre e nulla rimane la stessa cosa.

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