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Interviste

Intervista agli IDLES

22 novembre 2018: intervisterò Joe Talbot , cantante degli Idles, prima dell’unico concerto italiano del Tour di “Joy As An Act Of Resistance” al Circolo Magnolia di Milano (a questo indirizzo trovate il PhotoReporage della serata)L’orario a mia disposizione è un categorico “17:40 – 18:00 – Face to face with Joe Talbot”. Alle 17:20, puntualissimo, sono all’Ingresso del Magnolia. Entro e mi dicono di aspettare ad un tavolo accanto al banco del merchandising che Dev (Adam Devonshire, il bassista degli Idles) sta energicamente sistemando.

“Ciao Dev, sono Massimo. Piacere. Aspetto Joe per un’intervista”

“Ahhh! Great! Sa già che sei qui?”

“Sì sì, l’ho mandato a chiamare”

“Ok ‘mate’ ci vediamo dopo!” e torna a disfare i numerosi cartoni di magliette.

Mi siedo ad aspettare  con la faccia di un bambino che sa che sta per arrivare la torta e alle 17:40 compare da un’ entrata buia la cuffia di lana arancione di Joe, avanti a lui il tour manager che, altissimo, lo sovrasta, impallandomelo.

“Ciao, di che testata sei?”

“Impatto Sonoro”.

“Ed è una rivista?”

Porgo la schermata del mio smartphone ”È una webzine italiana, sono d’accordo con la Partisan, ecco la conferma”

“Ok”.

Il manager si scosta, ecco Joe che esce dall’ombra in cui si era volutamente fermato e mi da la mano.

“Ciao Joe, ci eravamo sentiti al telefono a settembre, stavi viaggiando sul furgone per l’Ontario, ti ricordi?

“No” e si siede

Entusiasmante, penso io. Porta una barba lunga adesso, mi sembra di rivederlo nel video di “Mother” se non fosse per i capelli, anch’essi lunghi fino a spuntare disordinati dalla cuffia.

Respiro e dalla tensione riesco a produrre una forte sbuffata, Joe se ne accorge, mi da un’occhiata, attacco il registratore:

Quando tu e gli altri vi siete conosciuti eravate già musicisti ?

Joe: Ero nuovo nel mondo della musica, non sapevo suonare alcuno strumento, gli altri erano già stati in altre band ma niente a tempo pieno, ero dj, Dev era Dj, Bow era Dj, e abbiamo deciso di iniziare qualcosa di nuovo

Di chi è stata l’idea di formare una band?

Joe: Mia

Come nasce una vostra canzone?

Joe: Arriviamo in sala prove con delle idee, io sto nel mezzo, qualcuno suona la sua idea come una linea di basso o un ritmo di batteria o un riff di chitarra, costruiamo il pezzo musicalmente, poi me ne vado e me lo ascolto magari anche 200 volte (ride ndr) Finché non mi viene in mente una frase o una parola da metterci, dopodiché costruisco un testo attorno a quell’idea.

A questo punto Joe Talbot si sta rilassando, non ha più quell’espressione da rock star consumata e sfuggente che aveva al nostro incontro ma non mi sembra ancora a suo agio.

Devo sistemate meglio il registratore, gli chiedo di scusarmi un secondo e lui mi sorprende con un “Grazie per aver viaggiato e per essere venuto qui, lo apprezzo molto” 

Siete ormai in tour da un bel po’, avete occasione di visitare posti che non avevate mai visto?

Joe: Alcune volte, sì, Milano per esempio, ieri abbiamo avuto la giornata libera, in questi ultimi tre mesi abbiamo avuto forse sei giorni liberi in tutto, ma nei giorni in cui suoniamo non riusciamo a vedere un bel niente, ci prendiamo il tempo per riposare!

Avete visto qualcosa di interessante a Milano?

Joe: Il peggior modo di guidare che abbia mai visto in vita mia e il miglior cibo che abbia mangiato da molto tempo a questa parte, abbiamo mangiato l’ossobuco, i nervetti, fantastico! Ma veramente voi non sapete guidare! Sapete fare da mangiare però, che è una cosa buona!

Io sono venuto qui in treno.

Joe: È stata sicuramente una buona idea. (ridiamo ndr). In realtà non ho visto molto perché ho lavorato, avevo dei lavori grafici da fare.

Tornando al tour, avete avuto risposte differenti tra i pubblici anglosassoni e quelli latini?

Joe: No, assolutamente no, non per quanto riguarda i concerti degli Idles, non so dire per gli altri ma, con noi c’è sempre una buona atmosfera, non c’è divisione.

In questo tour europeo avete i JOHN come band di supporto, avete avuto i Bambare negli USA e gli Heavy Lungs in UK, li scegliete voi i gruppi spalla?

Joe: Sì, sempre. È importante per noi fare in modo che lo show sia migliore possibile, deve essere il migliore possibile, e non possiamo farlo permettendo ad altri di dirci come fare, e ci teniamo che la gente venga allo spettacolo anche per vedere le band di supporto e i JOHN sono tra i migliori.

Quando vi vedo sul palco vedo un gruppo di persone normali, anche nelle session fotografiche o nei video, quindi credo che l’unico modo per imitarvi sierra di essere sé stessi, avete mai avuto critiche per il vostro look?

Joe: No, nessuno me l’ha mai detto, almeno non in faccia, perché sanno quello che risponderei (ride n.d.r). Quello che facciamo non si basa sull’estetica ma solo sulla musica e il nostro messaggio, almeno uno dei nostri messaggio è quello di non essere vanitosi, di non preoccuparsi troppo dell’apparire, sarebbe stupido.

Noto che Joe ha una sigaretta incastrata tra l’orecchio sinistro e la cuffia, ad un certo punto la sigaretta scivola via e cade sul divanetto, glie lo faccio notare, lui la raccoglie e mi chiede se possiamo spostarci fuori perché lì cominciava ad essere troppo rumoroso.

Joe: Ti va se ci spostiamo?

Certo, dove vuoi andare?

Joe: Andiamo fuori, qui c’è troppa confusione.

Ti seguo.

Andiamo nel cortile invernale del Magnolia, ancora buio e vuoto, ci mettiamo vicino ai bidoni dove appoggio il mio registratore. Joe si accende la sigaretta

Mi hai detto nell’ultima intervista che quello che vuoi fare è girare il mondo con i tuoi migliori amici, quindi tu e i ragazzi siete migliori amici, litigate mai?

Joe: Sempre! (ride ndr). Sempre e parecchio, siamo persone molto emotive ed è importante litigare, è importante perché siamo spesso in disaccordo e se si rimane in silenzio succede che cresce tra di noi l’energia negativa mentre se parliamo delle nostre divergenze, allora stiamo meglio, è importante litigare ma in modo valido, non ci insultiamo, beh, sì, qualche volta ci insultiamo, ma sempre senza odio o rabbia.

Chi stai ascoltando in questo periodo?

Joe: Il nuovo dei Daughters, D-double E, Bambara, Anna Calvi, c’è un sacco di buona musica oggi in giro, ora non me ne vengono in mente altri.

Ti capita mai di guardare un artista del passato in tv o su internet e pensare: “Hey, noi siamo lì adesso!”?

Joe: No! (Ride ndr) Quando vedo qualcuno che ammiro sul palco mi sento sempre parte del pubblico, non mi metto mai al loro pari, non mi paragono mai, non so, è una questione di “fare” di “creare”, “essere”, io non voglio guardarmi, non ascolto i nostri album, voglio solo vivere il momento. Quindi quando ammiro qualcun altro sono un membro del pubblico, quando sono sul palco sono il musicista.

Ho letto che alla manifestazione anti-Brexit a Londra la gente cantava per strada il ritornello di “Great”, che ne pensi?

Joe: Davvero? Non lo sapevo! Beh, finché si tratta di anti-Brexit! (ride ndr)

State già scrivendo nuovo materiale?

Joe: Sì! Stiamo scrivendo durante il tour e torniamo in studio  il prossimo settembre, prima di quello inizieremo a mette giù alcune parti a dicembre

Adesso vi prendete una pausa dal tour?

Joe: A gennaio torniamo in tour ma solo per due settimane cioè, adesso siamo stati in tour per tre mesi, ci fermiamo e finiremo il terzo album

È diverso scrivere adesso rispetto a quando avete scritto Brutalism?

Joe: È più facile! Ora abbiamo un linguaggio artistico comune molto più conciso che funziona molto bene tra noi 5. Sappiamo meglio come lavorare tra di noi ed è tutto molto più scorrevole.

Quando finisci la scrittura di un pezzo hai mai la sensazione che potrebbe essere la cosa migliore che hai fatto e di non riuscire più a raggiungere quel livello di scrittura?

Joe: Ho avuto quella sensazione quando ho pensato che avevamo messo giù  il pezzo migliore che avessimo mai fatto ma so che possiamo sempre fare di meglio perché so che tutto cambia in continuazione, oggi conosco di più di quello che conoscevo ieri

Quando ascolti un album, lo ascolti per intero o salti da traccia a traccia?

Joe: Ascolto sempre gli album per intero, tempo permettendo, non salto mai le tracce, a volte, solo se conosco un album molto bene, metto le canzoni in shuffle ma non molto spesso,  mi piace pensare che quando scrivi un album devi curarlo in ogni dettaglio, come un viaggio e trasportare l’ascoltatore in quel viaggio attraverso le canzoni, altrimenti perché disturbarti a scrivere un album? Fai un EP… quattro EP… è un ottima opportunità per creare una narrazione, qualcosa di più grande di una sequenza di canzoni, qualcosa di più coinvolgente e toccante e questo metodo ti da un punto focale per scrivere canzoni con delle direttive in mente, dei colori, dei temi, ti rende molto più fluido nel tuo approccio artistico, ti rende concentrato verso le sfide creative che dovrai affrontare e ti fa pensare alle cose come ad un vero e proprio linguaggio.

L’intervista è conclusa e ne approfitto per chiedere di salutare John Newton dei John, il gruppo spalla, perciò chiedo a Joe:

“ Joe, posso salutare John Newton?”

“Certo, dev’essere di là”. Mi indica la sala del live, “ Ma non so se c’è adesso, vieni con me”

Passiamo per la sala del live, andiamo nel backstage e usciamo nel retro dove c’è il loro tour bus parcheggiato, Talbot apre la porta chiede se c’è John poi si gira verso di me e mi invita a salire.

Al piano di sopra sul retro del bus c’è un salottino dove nell’ordine sono seduti: Jon Beavis (batterista Idles), Johnny Healy (Chitarrista John) John Newton (voce e batteria John) e Lee Kiernan (una delle due chitarre degli Idles), mi fanno sedere con loro, John Newton mi abbraccia, Joe Talbot mi porta una lattina di birra tedesca. Jon Beavis mi allunga un sacchetto di patatine italiane dicendo che sono buonissime: questo è veramente al di sopra delle mie più rosee aspettative. Sto chiacchierando con tutti mentre Lee strimpella la sua Fender: parliamo di cibo italiano, del modo di guidare degli italiani, di Aperol Spritz e di birre. Sono un gruppo di ragazzi affiatatissimo, sono stanchi, esausti dal tour ma hanno una grande energia negli occhi, Joe è l’anima del gruppo, il leader, ma tra di loro sono quello che Joe mi diceva, semplicemente migliori amici che litigano e ridono insieme, tutti simili, nessuno troppo riservato o troppo chiassoso, sono uniti e non hanno intenzione di lasciarsi. Questi sono gli Idles, questa è l’unità, il loro linguaggio.

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