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Mercury Rev – Bobbie Gentry’s The Delta Sweete Revisited

2019 - Partisan Records / Bella Union
folk / dream pop / country

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Tracklist

1. Okolona River Bottom Band (feat. Norah Jones)
2. Big Boss Man (feat. Hope Sandoval)
3. Reunion (feat. Rachel Goswell)
4. Parchman Farm (feat. Carice van Houten)
5. Mornin’ Glory (feat. Laetitia Sadier)
6. Sermon (feat. Margo Price)
7. Tobacco Road (feat. Susanne Sundfør)
8. Penduli Pendulum (feat. Vashti Bunyan with Kaela Sinclair)
9. Jessye Lisabeth (feat. Phoebe Bridgers)
10. Refractions (feat. Marissa Nadler)
11. Courtyard (feat. Beth Orton)
12. Ode To Billie Joe (feat. Lucinda Williams)


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Parata di stelle in questo inaspettato album di cover da parte dei Mercury Rev, che si cimentano qui in una rivisitazione del repertorio di Bobbie Lee Gentry, al secolo Roberta Lee Streeter, cantautrice folk del delta del Mississippi, attiva in una manciata di anni che vanno dalla fine dei ’60 al principio dei ’70. Da Norah Jones a Lucinda Williams, da Laetitia Sadier a Rachel Goswell, tante le interpreti che si affiancano in questa operazione che, seppur impeccabile formalmente e tecnicamente (indiscutibile la stoffa dei nostri e delle molte ospiti coinvolte), lascia ogni tanto perplessi, se non altro nel vedere i Mercury Rev in un’opera di archeologia musicale (ma non sospetto è l’interesse di Donahue e Grasshopper per questo tipo di materiale: andate a riascoltarvi Delta Sun Bottleneck Stomp).

Curioso come, ad essere destinatario del recupero, è il secondo album della Gentry, non quindi il ben più celebre debutto che la portò al successo soprattutto grazie alla ballata Ode To Billie Joe. Lodevole quindi l’intenzione della band di Buffalo di rispolverare una fatica nel complesso meno nota della folksinger, per quanto i nostri non si siano lasciati sfuggire la possibilità di includere ex post la hit della cantante proprio in calce alla scaletta.

L’album è un suadente e morbido bagno nelle acque del fiume protagonista di tante storie, tragedie e in definitiva della mole di arte e generi diversi che sono sorti sulle sponde del suo delta. Come detto, le artiste rendono perfettamente giustizia al legato della Gentry, ognuna forte del suo stile peculiare. E quindi Big Boss Man sembra come per incanto un pezzo dei Mazzy Star sotto le cure di Hope Sandoval; la Goswell in Reunion ci mette un po’ di personalità in più e il brano assume caratteristiche inedite, tanto la somma degli ultimi Mercury Rev come qualcosa di nuovo e speciale; Parchman Farm è una bella cavalcata alle redini di Carice Van Houten, mentre Sermon grazie a Margo Price (e certamente grazie al gusto dei nostri) riesce a diventare uno dei pezzi migliori del lotto, assumendo toni trascendentali e grintosi al contempo.

Beth Orton è come sempre anche lei grandiosa nel ridare linfa e far virare verso lidi ignoti tracce che potrebbero suonare molto più canoniche, come Courtyard. A Lucinda Williams (e mai scelta fu più saggia) l’onore e l’onere della ballata per eccellenza della Gentry: un’artista, la Williams, con ancora tante, tante frecce al suo arco, una personalità strabordante e tanta eredità da spartire tra estimatori ed ispirati. Andate a chiedere a Jack White, per dirne uno.

Un disco tanto piacevole e ben fatto quanto forse superfluo, se non come operazione di nostalgia e tributo, appunto. Da un certo punto di vista, con dei Mercury Rev così a corto di ispirazione così come lo sono da diversi anni a questa parte Donahue e soci, verrebbe quasi da sperare che di divertissement così ispirati e curati ce ne regalassero di più e più spesso.

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