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Liles/Maniac – Darkening Ligne Claire

2019 - Archaeological Records
noise / elettronica / sperimentale

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Tracklist

1. Emperor
2. Enthroned
3. Flagellum Dei
4. Noctuary
5. Slaughter Messiah
6. Soulburn
7. Wolves In The Throne Room


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Nasce tutto da Christophe Szpajdel, aka Lord Of The Logos, colui che da’ forma al nome attorno a cui aleggiano i culti estremi di tante formazioni metal – prevalentemente black – e che si incarnano in essi come solo un determinato modus permetterebbe. Riconoscibili nella loro intricata inintelliggibilità questi imprimatur blasfemi si intagliano a fondo nell’immaginario di coloro che acquistano un album e rendono impossibile a chiunque altro di appropriarsi della propria natura, come se un’estensione del DNA dei creatori.

Se il comburente è Szpajdel, Archaeological Records è invece l’innesco che attraverso il combustibile nato dalla coppia composta da Andrew Liles e Sven Erik “Maniac” Kristiansen danno vita ad un incendio che prende il nome di “Darkening Ligne Claire”, che è sia collettivo d’intenti che disco a sé stante. In un mondo che sta sempre più perdendo il contatto col suo lato analogico e le sue radici tattili il triangolo del fuoco in questione crea qualcosa di unico, esattamente come i loghi di cui si parlava poc’anzi. Un’opera che nel suo essere multimediale rende onore a tutti i sensi, snodandosi tra mistica blasfemia sonora a apollineo sintomo estetico.

Il fendente artistico ivi concepito suona alle mie orecchie (e di conseguenza agli occhi) come una versione trasversale, elettronica e contemporanea del lavoro di Morton Feldman e della sua suite “Rothko Chapel”, creata per essere suonata nell’omonima cappella sita in Texas, oppure, se volete, ad una versione estrema dell’album “Transverse Temporal Gyrus” degli Animal Collective, anch’esso creato per accompagnare un’opera visuale esposta al museo Guggenheim di New York. Queste le coordinate di qualcosa che trascende la pura e semplice conclusione musicale, atta ad essere goduta anche tra le proprie pareti casalinghe, ma necessariamente in stretto collegamento con i sette dittici fotografici, ai quali è legato ogni brano, a sua volta racchiuso in un 7”, dalla durata di sette minuti ciascuno.

Numerologia in virtualità estese, il lavoro dal punto di vista puramente sonoro è una perla per chi sia già in contatto anzitutto con i Nurse With Wound, il lato più industriale e dadaista dei Current 93 (band in cui Liles trova il suo alveo) oppure con il lavoro di wave in extrema ratio svolto su Sehnsucht, progetto di Maniac creato assieme alla moglie Eri “Vivian Slaughter” Isaka, leader delle fin troppo dimenticate Gallhammer. Ogni brano prende il nome da una delle band per cui Szpajdel ha inciso un logo, con l’ex Mayhem a ruggirne, sussurrarne o incarnarne vocalmente la dicitura che da’ l’input a Liles per distruggerne la composizione riplasmandola in gutturali mostruosità.

Un lavoro di cut/paste a tratti incorporeo ed angolare, leggiadro e liquido, in trasformismi cold wave e talvolta shoegazati, come a spogliare ogni mostro della sua elettrica natura e malvagità intrinseca fino a renderlo qualcos’altro (Wolves In The Throne Room, Emperor), altre volte più incisivo e stentoreo, tra mattonate jungle, cuneiformi cavalcate d’n’b e industriali sommosse al calor bianco fuori controllo (Enthroned, Soulburn). Screziature di un’essenza cristallina che fanno del puro noise un flebile intarsio di legno chiaro e sfuggevoli mancanze.

Va da sé che un simile approccio artistico è difficile e richiede tempo e pazienza. Armatevene e lasciatevi trasportare, consiglio da amico.

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