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Craig Leon – Anthology of Interplanetary Folk Music Vol. 2: The Canon

2019 - RVNG
elettronica / sperimentale

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Tracklist

1. The Earliest Trace
2. Standing Crosswise In The Square
3. The Respondent In Dispute
4. Four Floods Of The Point
5. The Twenty Second Step As Well As The Tenth
6. The Gates Made Plain
7. Departure


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Potrebbe anche essere, e non dobbiamo escluderlo, che ci possa essere un piano B, o meglio, un plan(et) B, lo stesso che poco tempo fa è stato boicottato da studenti e non, sulla scia di Greta Thunberg, dicendo che non avremo tempo di cercare un altro pianeta in cui far risiedere l’umanità. Il mondo sta collassando e non ci sarà tempo per organizzarci. Ecco, io, invece, l’idea del pianeta B, la terrei calda, perché non si sa mai. Le ipotesi sono molte: chissà che vita potrebbe aspettarci su Marte?, Chissà in che condizioni sarà la terra tra 11 anni (perché questo è il termine ultimo per la sopravvivenza del nostro pianeta)? Chiaramente ne ripareremo nel 2030 che cosa ne sarà di noi. Io intanto, continuo a congetturare come se la mia vita dovesse concludersi da ancora abitante di questo pianeta A che chiamiamo Terra.

Probabilmente, l’incontro di civiltà Altre rispetto alle nostre è stato ipotizzato da scrittori, cineasti, artisti, musicisti, filosofi, ecc. Craig Leon non è da meno, visto che propone un secondo volume dell’antologia di Musica Popolare Interplanetaria, seguendo il primo volume pubblicato sempre da RVNG. In questo secondo volume, notiamo che il sound si è sicuramente “attualizzato” rispetto al previo capitolo. Difatti, se è vero che nel bagaglio culturale di Leon ci sono i miti creati dalle tribu del Mali, dagli alieni semianfibi Nommos che hanno viaggiato per la galassia (1981 il capitolo “Nommos” e nel 1982 “Visiting” – rispettivamente l’astrattezza luminosa e la vacuità oscura, riproposti appunto previamente dall’etichetta Newyorchese), è anche vero che questo bagaglio che si porta appresso, rimane pur sempre sulla terra.

E da qui abbiamo il secondo capitolo, “The Canon“, il canone, appunto, che riprende il cammino da dove era stato abbandonato con “Nommos” e “Visiting“, e prende le mosse dal libro che descrive il percorso degli alieni Dogon che viene trascritto su questo libro (“The Canon“) come esplorazione interna, come una guida di morale e di filosofia. Gira e rigira, quello che Leon ha sempre sostenuto è che le radici della nostra civiltà, quella Occidentale, non può che averle nel grande oltre, nell’”ignoto spazio profondo”, per citare un celebre docu(fiction)film. Grazie alla partnership di Cassell Webb, che ha volutamente ricercato i suoni di “Nommos” e “Visiting”, per espanderli e attualizzarli,

L’approccio cosmic/space si inserisce all’interno di una musica “tribale”, tutt’altro che cosmica, nonostante la futuribilità. Se infatti ci dobbiamo soffermare sull’aspetto prettamente musicale, noteremo che le lunghe tracce che compongono il disco, si spostano su vari fronti in cui l’ambient, l’elettronica, l’IDM e una buona sana dose di real-time play, attualizzano questo pastiche sonoro che speriamo possa avere altri sequel o prequel. In fondo, la questione temporale è una questione meramente terrestre.

 

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