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Back In Time

“The Winding Sheet”, i detriti delle tenebre di Mark Lanegan

Oggi non volevo parlare di Kurt Cobain ma poi, avendo avuto l’occasione di scrivere un articolo su “The Winding Sheet”, uscito il 1 Maggio 1990, mi trovo costretto a parlarne e di come egli illuminò un’intera scena con la sua morte. Infatti quando Cobain morì, Lanegan aveva appena pubblicato “Whisky For The Holy Ghost”, perciò lo ascoltammo tutti, chi ce l’aveva in cd originale, chi in cassetta registrata in perenne rotazione nell’autoradio; non ci volle molto perché andassimo alla scoperta dell’album precedente che trovammo facilmente nel nostro negozio di musica preferito. Il Dena, ormai celebre proprietario del Vinyl Storm se avete letto alcuni dei miei “Back in Time” precedenti, aveva una copia non sigillata così ne approfittai per aprire la copertina e scoprii che non solo Cobain e Novoselic comparivano nei credits come ospiti, ma che il pezzo in cui suonavano era Where Did You Sleep Last Night di Leadbelly che già si era fatto conoscere da noi orfani grazie ai bootleg di “Unplugged In New York” svariati mesi prima della sua uscita ufficiale. Allora chiesi subito al Dena di metterlo su e di andare diretto a quella canzone. Il Dena acconsentì e così scoprii l’anima del Lanegan solista grazie a quel giro di basso di un Chris Novoselic in modalità fatalista e il puro feedback della chitarra di Kurt a fare da onda d’urto sull’enigmatico testo del vecchio bluesman.

Mark Lanegan aveva un disperato bisogno di fare un album solista, gli Screaming Trees erano troppo delineati dalla scrittura di Gary Lee Conner, e Mark doveva uscire con la sua anima tenebrosa che non riusciva ad inserire come avrebbe voluto nel progetto della band . Aveva necessità di isolarsi, di stare lontano dal circuito dei live, della SST,  sentiva che la cosa si stava appiattendo, che la sua creatività non sfociava come avrebbe voluto, la collaborazione con i fratelli Conner andava bene ma Screaming Trees era più che altro creatura loro infatti il ruolo di Lanegan era quello di frontman carismatico, sì, ma nulla in confronto a quello che ci avrebbe regalato in seguito iniziando la strada solitaria. Ed è proprio questa una delle parole chiave di “The Winding Sheet”: solitaria. La solitudine, elemento che si respira dalla prima all’ultima traccia, l’isolamento, l’esilio autoimposto, il bisogno di separarsi e ritrovare la sua identità di emarginato. Non vi è nessun cambiamento in lui, semplicemente se ne va con i suoi vestiti di sempre per starsene da solo.

Con “The Winding Sheet”, il venticinquenne Mark ci porta via, nel suo mondo personale, tra i detriti di una città satura, lontano dai palchi calcati con gli Screaming Trees, ci porta in una bettola fuori zona, buia, fredda e in compagnia di un pugno di amici stretti tra cui il fedele ex Dinosaur Jr. Mike Johnson, il primo batterista dei Trees Mark Pickerel e, dato che la registrazione fu eseguita al Reciprocal Studio di Seattle,  l’immancabile Jack Endino al basso e al tasto “Rec”, infine, appunto, Kurt Cobain.

Il fatto è che, dalla traccia d’apertura Mockingbirds, si intuisce che stiamo assistendo alla trasposizione in note dell’anima di Seattle e sobborghi e il ventaglio di musicisti presenti induce a pensare a “The Winding Sheet” come un precursore di “Above” dei Mad Season.

Ma infatti, nell’estate del 1989, l’intento era di formare una nuova band con Mark alla voce, Kurt alla chitarra e seconda voce, Novoselic al basso e Pickerel alla batteria, quest’ultimo propose anche dei nomi: avrebbero dovuto chiamarsi The Jury, oppure, secondo Chris e Kurt, Lithium. Provarono più che altro cover di Leadbelly ma il progetto non andò mai in porto poiché, a detta di Pickerel “Mark e Kurt avevano troppo rispetto reciproco per prendere decisioni”. Se solo avessero avuto un po’ più di grinta non posso immaginare cosa ne sarebbe uscito. Decido di non pensarci altrimenti rischio di non dormirci la notte. Nell’album, alla fine, la maggioranza delle parti di chitarra furono affidate a Mike Johnson.

Tornando a Mockingbirds: “Non puoi uccidere ciò che è già morto ma non ti biasimo per averci provato”, Mark si rivolge ad un’entità che lo chiama quando sopraggiunge la notte, qualcosa da cui non può fuggire ma allo stesso tempo sente di avere tutta la vita davanti ed è proprio questa voce di Tordo beffardo ad indicargli la via. L’album d’esordio del Lanegan solista è quindi una pietra miliare, è un pre-post grunge, seminale per le generazioni a venire, è una di quelle opere che traggono ispirazioni da se stesse, dal silenzio interiore e la via di “The Winding Sheet”, letteralmente “Il sudario”, è impervia, cupa e piovosa, ma è l’unica direzione da percorrere per non morire, per fortuna Mark è stato abbastanza lucido da capirlo subito. Scorrete la discografia di Mark Lanegan e guardate cosa ci saremmo persi se anche lui ci avesse lasciati

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