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Marissa Nadler & Stephen Brodsky – Droneflower

2019 - Sacred Bones Records
songwriting / dark wave

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Tracklist

1. Space Ghost I
2. For The Sun
3. Watch The Time
4. Space Ghost II
5. Dead West
6. Estranged
7. Shades Apart
8. Buried In Love
9. Morbid Mist
10. In Spite Of Me


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Uomo dagli interessi multiformi, Stephen Brodsky. Coinvolto fin dalla tarda adolescenza in svariate band, ha navigato in lungo e in largo attraverso la galassia hardcore, in primis nei Cave In ma anche in altre formazioni storiche, come i Converge, non disdegnando incursioni nell’indie o nel prog. Difficile che un tipo così se ne stia in pantofole se sei a Brooklyn e Marissa Nadler ha una serata in programma al Saint Vitus Bar. Tra i due dev’essere scattata la fatidica scintilla se l’incontro ha portato all’inizio di una collaborazione che, tuttavia, non si è manifestata in un incontenibile raptus creativo. Anzi, complici i rispettivi impegni, i due hanno mantenuto un rilassato scambio epistolare a suon di allegati che si è protratto per ben cinque anni e che si è finalmente concretizzato nel disco che avete sotto gli occhi e al contempo, si spera, nelle orecchie.

Il titolo suggerisce ma può trarre in inganno. Se la presenza di bordoni di tastiere e paesaggi sonori ripetitivi rende giustizia al “drone” del titolo, “Droneflower” è anche e soprattutto ispirato da una tradizione musicale che passa per il folk sciamanico di David Eugene Edwards così come per atmosfere rarefatte à la Cocteau Twins, fino a lambire oasi di intensità elettrica in odore Swans e Sunn O))). Dead West, primo brano a vedere la luce da una sequenza di piano di Brodsky, ha il dono della sintesi nel racchiudere in sé le istanze che agitano l’album: accordi in minore, fate morgane, tetri presagi e la voce quasi ectoplasmatica e ancestrale della Nadler. Ma non finisce qui: For The Sun è una lenta marcia nella brughiera a suon di chitarre farraginose che sarebbe piaciuta a Chelsea Wolfe. Emblematica, non foss’altro per la sua durata, è Estranged, in cui tutte le influenze del disco si fondono in un’attitudine estatica: sembra quasi di ritrovarsi con una chitarra in un bosco al termine di un acquazzone, per raccogliere tutta l’elettricità statica e satura nell’aria. Il fatto che sia una cover di una ballata dei Guns ‘n’ Roses rende il tutto ancora più surreale. Interessante poi l’approccio più etereo di Buried In Love, dove la melodia si frantuma in particelle che sciamano come spore in un mezzo fluido, liquido; ed è una piacevole e inattesa sorpresa la cover di In Spite Of Me, in cui i due abbandonano riverberi e chorus per restituire in tutta la sua nuda bellezza la poesia delle parole di Mark Sandman, risplendenti di luce propria. E ironica è la partecipazione proprio in questo brano di Dana Colley, assente invece nella registrazione originale dei Morphine, cui va l’onore di suonare l’ultima nota del disco di cui è ospite.

In lavori di questo genere, in cui la musica e chi la esegue sono nudi e trasparenti all’animo di chi ascolta, è la capacità di rompere i lacci, di rimuovere i freni verso una realtà altra a determinare il successo dell’impresa. In una parola, il potere di trascendere. Qui questo incantesimo si verifica a corrente alternata, così da portare chi ascolta su di una sorta di ottovolante di sensazioni, più o meno ispirate a seconda del brano o del momento. Ciò non toglie che l’accoppiata Brodsky-Nadler mostri in questo disco tutto il suo potenziale, così da far sperare in altre uscite ancora migliori.

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