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“Evol”, la rabbia anti-consumista dei Sonic Youth

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Quando uscì “EVOL” abitavo a New York, andavo a scuola in una traversa vicino a Leroy street, credo fosse Bleecker Street, un quartiere ricco di negozi di musica e ristoranti italiani, comunque a pochi isolati dai locali della Bowery, la sfortuna è che avevo 9 anni perciò non frequentavo quella scena. All’epoca mi interessava di più la scena dei Transformers e dei G.I. Joe. Quello che venne fuori dal movimento underground degli anni ’80 lo conobbi molti anni dopo, in Italia, dove nessuno mi consigliò di ascoltare i Sonic Youth, semplicemente un giorno lessi che erano stati loro a proporre i Nirvana all’attenzione di David Geffen, dopodiché vidi il video di 100% su Videomusic e da lì continuai a scoprirli andando a ritroso nella loro già decennale storia e comprando tutti i dischi possibili, bootleg compresi.

Ho sempre avuto la versione in Lp acquistata metà anni 90 dal buon vecchio Vinyl Storm per ben 30.000 lire, la prima stampa UK pubblicata dalla Homestead su licenza SST era già oggetto di collezione e non ho mai comprato il cd, che comprende la Bonus Track Bubblegum, perciò per me “EVOL” termina con Expressway To Yr Skull con l’ultimo solco in loop. Lo comprai senza averlo mai ascoltato, a scatola chiusa, ma sapevo che non mi avrebbe deluso, avevo già a casa una discreta collezione tra cui “Dirty”, “Experimental Jet Set”, “Bad Moon Rising” e “Confusion Is Sex”. E i loro dischi e cd si trovavano pressoché ovunque poiché l’esplosione dei Nirvana aveva inevitabilmente preso dentro anche loro quali complici direttamente coinvolti.

EVOL” è il terzo capitolo della saga, dove il quartetto giunge alla sua forma definitiva, Steve Shelley entra alla batteria dopo l’allontanamento di Bob Bert. Dopo l’album politico “Bad Moon Rising” i Sonic Youth delineano la loro struttura sonica e fanno una cosa interessante: abbracciano il pop. Mi spiego meglio: in quegli anni MTV aveva preso molto potere e gli artisti mainstream diventarono più diffusi, dagli anni 80 in poi, insomma, non c’era più solo Dick Clark con American Bandstand. Madonna, Springsteen, Prince, Michael Jackson entravano negli ascolti di tutti e ciò influenzò i suoni di “EVOL” poiché, con esso, decisero di abbassare il profilo tenendo buoni i primi take e decisero di boicottare il pop, come se avessero capito che negli stessi schermi, sugli stessi impianti si potevano ascoltare mainstream e underground, le stesse orecchie ascoltavano con uguale facilità Whitney Houston o Sonic Youth.

Per esempio: nel pezzo In The Kingdom #19 troviamo Mike Watt, amico e ex-Minutemen reduce dal lutto per la morte di D.Boon, al basso e Lee Ranaldo recita una prosa in disperato appiglio Beat-Patti-Smith-Generation, ad un certo punto si sentono come degli spari, questo è il risultato di Thurston Moore che fece scoppiare una manciata di petardi mentre il malcapitato registrava la parte vocale e decisero di tenere sul prodotto finale sia i petardi sia l’urlo di terrore di Ranaldo.

La morte dell’amico D. Boon viene tuttavia celebrata in Death To Our Friends, ironico titolo per un crepuscolare, distorto, strumentale e apparentemente improvvisato sesto pezzo dell’album. E la denuncia della leggerezza del pop è tutta in Starpower, in cui la Gordon veste i panni di un’adolescente che si illude di prendere forza dalla musica che ascolta nella sua cameretta.

Ormai non sto andando con ordine quindi il brano di chiusura Expressway To Yr Skull, altrimenti intitolata The Crucifixion Of Sean Penn, ma anche chiamata Madonna, Sean and Me a seconda che lo si legga sul retro copertina, sulla label o sulla inner sleeve dei testi, è sicuramente uno dei pezzi più controversi della carriera dei Sonic Youth con quella frase iniziale “We’re gonna kill the California girls”, una frase forte, ma che rientra nell’intenzione dell’album e fa parte dell’ironia sempre manifestata dalla band e spesso male interpretata.

Non sto a farvi l’analisi “track by track” dell’album, non è quasi mai tra i miei propositi. Preferisco dirvi che “EVOL” è l’album del cambiamento, del suono dei Sonic Youth che prende un’identità forte, tanto da rimanere immortale e atemporale negli anni a venire. È un disco sulla morte ma soprattutto sul femminismo e sul ruolo della donna, questo potrebbe essere la sua identità concettuale perché, se stiamo a guardare, Tom Violence parla di un cittadino medio ma violento tra le mura domestiche e “La violenza di Tom è un sogno, che viene da una ragazza”, Shadow Of A Doubt è un cinematico dark, noir su incontri fugaci su di un treno con conseguente assassinio da parte del personaggio femminile, Starpower è la Gordon bambina in un universo parallelo, per non parlare di Secret Girl e Marilyn Moore, quindi “EVOL” ha dentro di sé gli elementi per essere un concept album, mentre i suoni sono la reazione all’era reaganiana, l’era degli Yuppies, sono la denuncia del consumismo sfrenato e della deliberata ignoranza arrivata a toccare vette insostenibili.

Nel 1986 le sciabolate soniche di Ranaldo e Moore erano più che mai necessarie. E dovrebbero esserlo anche oggi. In teoria. Solo che, tornando in quel quartiere dopo tanti anni, i negozi di musica sono spariti e al posto loro ci sono delle boutique, i ristoranti, invece, si sono moltiplicati. Mangia che ti passa.

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