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Felix Blume – Fog Horns

2019 - Discrepant
ambient / field recordings

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Tracklist

A1. Fog Horns
B1. Horns in Fog pt1
B2. Horns in Fog pt2
B3. Horns in Fog pt3


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La dimensione dell’attesa è difficile da vivere. Ancor più difficile è ricrearla, e ancora più difficile è rivivere quell’attesa ricreata. E poi, ai limiti della possibilità, è ancora più difficile apprezzarne la bellezza una volta vissuta.
Questi quattro livelli di fenomeno sono una lenta ascesa verso la maturità e si sa che per gioire di certe situazioni, o il livello d’incoscienza è davvero alto, oppure quello di coscienza ha superato i paletti delle convenzioni e dei discorsi utilitaristici. Ecco, Felix Blume ha passato ampiamente questi livelli.

Questa collezione di suoni che rendono concettuale la pratica del field recording, catturano i suoni del clacson delle navi ad Atane, un porto tra i più attivi in Grecia. Sì, ammette il Nostro, i clacsono sono noiosi, fastidiosi, invasivi se vivi in una città di mare. Lo sappiamo tutti, ma sappiamo anche che le registrazioni di funerali possono essere ingannevoli” e proprio Felix Blume con il progetto Death In Haiti – Funeral Brass Band & Sounds Of Port Au Prince aveva anticipato questa visione.

Nel primo lato del disco, troviamo una lunga traccia registrata durante un concerto per sirene da nebbia, mentre sul lato B troviamo 3 remix, se così possiamo chiamarli, della stessa registrazione, rispettando i canoni di Ingram Marshall di “Fog Tropes” in tre movimenti differenti. In un certo senso, il lato B suona come una perfetta colonna sonora per un film horror. Difatti vi è qualche cosa di magico riguardo a questi clacson.

Nei 18 minuti del primo lato, Blume explora il concetto del concerto, che è un rimando alla sua immagine stessa, staccata dal corpo fisico del suono. O, per meglio dire, dal corpo del suono, ci si allontana dall’effettiva sorgente (che poi è un concetto squisitamente acusmatico). Ciò che “ha la meglio” in queste tracce è il suono dell’ambiente circostante che crea un bilanciamento perfetto con il drone. E la colonna portante di queste tracce sono proprio gli ambienti. La sezione degli ottoni è interpretata per così dire dai clacson o sirene, mentre l’ambiente circostante potrebbero essere interpretati come gli archi. Le melodie nascoste sono rivelate quando ascolti con attenzione, e più si entra nell’ascolto, più ci si allontana dall’effettiva presenza del clacson in sé (eccola la dimensione dell’assenza, accompagnata a sua volta dall’attesa di cui sopra).

Il calore diventa ambiente algido, percependo non tanto il suono fattuale sul quale interviene, quanto piuttosto il suo risultato già spinto oltre il principio di causa ed effetto di sorgente-suono. Come se Blume non suonasse i clacson, ma “suonasse le nostre percezioni”. E questa percezione, continuamente procrastinata pur essendone perennemente immersi, è la distanza nel tempo, la vera “orizzontalità” del paesaggio musicale.

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