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Drab Majesty – Modern Mirror

2019 - Dais Records
darkwave / synthpop

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Tracklist

1. A Dialogue
2. The Other Side
3. Ellipsis
4. Noise Of The Void
5. Dolls In The Dark
6. Oxytocin
7. Long Division
8. Out Of Sequence


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Continua la cavalcata di Deb Demure e Mona D sulle autostrade al neon del time-traveling, indietro di più trent’anni rispetto a questo 2019. Ancora retromania per i Drab Majesty, e a forti dosi, avvolti in un sound che non suona più futuristico di quanto non sarebbe suonato nel 1987. Eppure funziona, ancora e pure meglio che in passato (key word perfetta).

Appurato dunque che “Modern Mirror” non abbia spostato di una tacca le lancette l’orologio del fantomatico duo bisogna riconoscere che Demure e D siano campioni in una disciplina in cui non tutti i moderni “Ottantiani” eccellono, ossia quella di sfornare dischi la cui quasi totalità dei brani presenti possa tramutarsi ben presto in una hit. Beh, certo, se fossimo ancora negli anni ’80. Ma il punto è che l’abilità di Drab Majesty di mescere melodie catchy a sentimentalismi tutt’altro che spicci, dai forti connotati di profondità, non solo è innata, è pure micidiale, tanto da surclassare anche giganti come gli amici Cold Cave e The Black Queen, di certo molto più in alto di Blaqk Audio e Ladytron, nonostante la bravura di tutti i succitati gruppi.

Se “The Demonstration” sopiva opaco in soluzioni liquide e sotterranee, “Modern Mirror” suona, nel suo essere sempre tagliente e privo di frequenze basse (come i migliori XTC, INXS e Talk Talk pre-post), più grosso, diremmo, ma anche più epico ed enfatico di quell’enfasi introspettiva che colpisce dove deve senza lesinare restringimenti del cuore. Le chitarre si fanno ancora più presenti in un reticolo infinito e luminescente, scontrandosi e andandosi via via fondendo con i synth in un lungo e sensuale flirt sonoro sostenuto da drum machine perennemente tenute sotto ghiaccio e sequenze vocali al di là della perfezione di genere.

Alle immensità enfatiche di cui sopra, ben espresse in giganti come Noise Of The Void e The Other Side, si vanno ad aggiungere tirate synthpunk come Dolls In The Dark e Oxytocin (che se vi piacciono i Cure di A Forest adorerete), quest’ultima cantata da Mona D, che si dimostra appena di un passo meno alieno del compagno, e che si riempie via via di rumore melodico fino a scoppiare di distorsioni. Ma a fare davvero la fortuna di questo lavoro sono le sensazioni delicate e drammatiche come quelle che schiudono le ali sulla ballad goth Long Division, impreziosita dal tocco fantasmatico di Jasmine White-Gluz.

Che sia messo agli atti: se suoni musica “vecchia” e riesci a fare una tale breccia nell’animo di chi ascolta di certo qualcosa in più ce l’hai, una scintilla che in troppo revivalismo manca e che sostanzialmente ci mancava sin dai tempi del primo Interpol.

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