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Alessandro Cortini – VOLUME MASSIMO

2019 - Mute
elettronica

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Tracklist

1. AMORE AMARO
2. LET GO
3. AMARO AMORE
4. BATTICUORE
5. MOMENTI
6. LA STORIA
7. SABBIA
8. DORMI


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Cortini avvolge e riavvolge il nastro. “AVANTI” guardava inevitabilmente indietro, a discapito del nome, con lo sguardo di chi si concede l’abbraccio di un ricordo e la malinconica sutura dello stesso nel presente. Cade la maschera di SONOIO, che era un presente oltreoceano, polveroso finale di un percorso che si attesta in alto ma che, nascosto dietro ad una tenda, tende a dimenticarsi da sé. “VOLUME MASSIMO” fa di nuovo un percorso au contraire, mente subito per non lasciarti intendere che l’illusione è la verità dietro al dolore.

Non più un archivio in fermo immagine in un tempo immobile bensì un futuro retro, come negli anni ’80, con la musica che diveniva futurismo e il futuro sapeva già d’antico, esposto in mostre asettiche e su palchi organizzati come vernissage, e mentre oggi tutto finisce sui banchetti di mercatini dell’usato Alessandro veste di nuovo i panni dell’artista. Visuale, se volete, perché con la musica e poche parole cesellate nei soli titoli costruisce immagine vivida che spinge su strade meccaniche, sotto neon algidi, in cuori spenti e feriti. I synth si prendono la scena e pennellano a tratti grossi, tracotanti ma senza sbavature, su una tela digitale con le forme che prendono vita a grana grossa. Dapprima la consapevolezza che l’amore vissuto può avere un gusto amaro, come una lametta adagiata sulla lingua, e poi di nuovo un percorso inverso, quando è tutto finito, in ascensione elettronica sempre più aperta che s’infrange in mille pezzi nell’acredine di quel che fu (AMORE AMARO, AMARO AMORE).

Quando la sintesi del pop raggiunge il suo culmine si trasforma inesorabilmente in pastiche plastici, con tanto di intarsi melodici multicolore così delicati da sembrare aggro, così epici da sembrare minimali, così esplosivi da divenire silenzio, sbilenchi al limite dell’ordinario (BATTICUORE, LET GO, LA STORIA). L’informale traduzione industrial finisce per riavvolgere ancora una volta il nastro magnetico e riporta il tempo indietro nel futuro e i droni come farfalle si abbattono in stormi su ritmiche fermate nel ghiaccio, ricoperte di formaldeide e poi esposte al grande pubblico spesso cieco spiazzato da un elemento tagliato e cucito da un altrove dimenticato da Dio (MOMENTI), ma Cortini è un visionario e non sarà questo a fermarlo, si muove cauto nella sua zona di comfort e la elude, uscendone senza che nessuno se ne accorga, preso alla sprovvista da qualche tocco di disturbo che si fa spazio in questo volume esagerato che rompe i timpani e lambisce la mente, per perdersi là dove nessuno vuole più spingersi sul serio, in un film immerso nella foschia (SABBIA).

Un’ustione da ghiaccio resta pur sempre un’ustione e lacera i tessuti. Ma forse è solo la cura di là da venire che spiazza le sicurezze. Qui, ad esempio, non ne troverete alcuna, tanto vale dunque farsi male col bene che può procurare un sentimento forte.

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